O’Tama a Palazzo reale con l’esposizione “Migrazione di stili”. L’artista giapponese la cui presenza è documentata a Palermo, a partire dal 1882, contribuì a scardinare i canoni del classicismo allora imperanti.

La mostra, organizzata dalla Fondazione Federico II col patrocinio dell’ambasciata del Giappone in Italia, è stata presentata in anteprima alla stampa, questa mattina, dal presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e dal direttore generale della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso.

Presenti la storica dell’arte ed esperta di giapponismo Maria Antonietta Spadaro, il direttore del Centro regionale per il restauro Stefano Biondo, la dirigente del liceo artistico “O’Tama Kiyohara”, Giuseppa Attinasi, Antonio Giannusa docente dello stesso istituto che ha collaborato all’allestimento della mostra.

L’esposizione, che annovera 101 opere, raccoglie i frammenti di quel lungimirante progetto, pensato da O’Tama insieme al marito, lo scultore palermitano Vincenzo Ragusa, infrantosi contro i pregiudizi del tempo sull’arte nipponica, quando, da lì a poco, l’arte giapponese si sarebbe affermata come moda in Europa, a partire da Parigi.

Di particolare interesse, un documento di un tempio buddista, raro reperto nella disponibilità di O’Tama perché il padre coadiuvava le funzioni sacre; un prezioso kimono dipinto a mano e ricamato con seta policroma e filo d’oro; carte da parete in similpelle di pregio; alcuni acquerelli sono stati restaurati in collaborazione con il liceo artistico e il Centro regionale per il restauro.

Gli spazi utilizzati, la sala dei Vicerè e il corridoio di accesso alla sala d’Ercole, non erano mai stati impiegati come spazi espositivi.

È una storia d’amore e di visione non conformistica della vita quella di O’Tama che decise di seguire l’uomo che amava nella sua terra d’origine, per qui trapiantarsi. Un mondo allogeno che pure l’artista giapponese amò restandone contaminata con connotazioni realistiche che non appartengono all’arte nipponica.

La pittrice giapponese e lo scultore palermitano crearono, nel 1884, la prima scuola museo in linea con una moda europea; dopo qualche anno, il regio ministro dell’istruzione vietò gli insegnamenti ufficiali perché rischiavano di contaminare il gusto ufficiale.

Ragusa dovette cedere la sua collezione a Pigorini e una piccola parte rimase nell’attuale scuola. Molti reperti sono stati prestati dal museo della civiltà Luigi Pigorini di Roma.

“Palazzo reale – ha detto Miccichè – sta vivendo una trasformazione positiva dal punto di vista culturale; questi spazi ad esempio non erano mai stati dedicati ad esposizioni. Quando la Fondazione Federico II organizza una mostra non si limita ad esporre le opere d’arte, ma anche a valorizzarle”.

“Oggi – ha spiegato Patrizia Monterosso – vogliamo rendere omaggio ad una donna-artista la cui presenza è stata rivoluzionaria a Palermo, quando imperava il classicismo e ancora non si era affermato il Liberty. Il suo contributo, fino ad oggi rimasto oscuro, è stato essenziale nella svolta verso il modernismo. Se O’Tama rimase a Palermo fu senz’altro per amore di un uomo, ma la sua è anche una storia di “migrante”, in una città in cui assorbì e si fece assorbire in un’osmosi la cui portata fino ad oggi non è stata ben compresa”.

La mostra sarà visitabile fino al 6 aprile del 2020 al costo di sette euro per adulto, gratuito fino agli under 14 accompagnati da adulti e 2 euro per le scolaresche in visita didattica.

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