Pacchione – L’elemento di profonda divisione fra panormiti ed etnei lo possiamo individuare senza esitazione in una parola in vernacolo che ha due significati assolutamente divergenti: pacchione.
Nel capoluogo l’appellativo in questione è prevalentemente riferito ai soggetti di sesso maschile: trattasi di uomo abbondantemente sovrappeso. Un essere quasi ripugnate, solitamente brutto il cui grasso in eccesso viene soppesato con palese disprezzo dalla parola che viene pronunciata allargando a dismisura le vocali. Attenzione, è importante rilevare per chi non fosse mai stato a Palermo, che l’utilizzo delle a,e,i,o,u è decisamente più arzigogolato rispetto a quanto avviene nella parte orientale dell’Isola. Si formano dittonghi impronunciabili per chi non è nato sotto il Monte Pellegrino. Ecco perché quando ti dicono che sei un pacchione allargando incredibilmente la o vuol dire che gli fai proprio ribrezzo.
Insomma se non lo aveste ancora capito è un insulto bello e buono. Poco importa se vengono adoperati vezzeggiativi che rendono la parola un po’ più aggraziata (es: pacchionello), un pacchione è un grassone, un ciccione, un obeso che si trasforma in un vero e proprio gigante quando si adopera con un pizzico di simpatica cattiveria (straordinaria e naturale in ogni siciliano vero) il superlativo pacchionazzo.
Che la Sicilia fosse un piccolo continente dove basta fare qualche chilometro per trovarsi in una realtà profondamente diversa rispetto ad un eventuale punto di partenza è un dato confermato da tutti i grandi viaggiatori, dagli esperti antropologi, ma nessun testo scientifico finora è riuscito a spiegare la ragione di questa differenza tanto profonda in una sola parola. A Catania, infatti, il lemma in analisi assume significati lusinghieri. E’ associato quasi esclusivamente al sesso femminile, anche se i giovani e nello specifico le ragazze hanno esteso il senso del termine pure ai maschi, ed è un gran bel complimento.

Alle falde dell’Etna è un pacchione una ragazza bella, bellissima, un sogno erotico intenso e appassionato. I secoli e soprattutto gli ultimissimi anni, in cui il dialetto è stato un po’ sdoganato anche nei salotti buoni della città dell’elefante, hanno levigato il vocabolo che pare venga accettato di un grado dalle donne di Catania che alla vista di un bell’uomo ricambiano il complimento con lo stesso appellativo.

Ovviamente sarà capitato di andare in trasferta in una delle due città e soprattutto le donne sgranano gli occhi se vengono definite pacchione quando si trovano fuori dalle mura amiche.
Una ragazza palermitana, particolarmente carina, durante una cena a Catania fu avvicinata da un ragazzo che dopo le presentazioni di rito commentò con un amico che la bella panormita in trasferta era un pacchione. La signorina intercettò l’analisi dei due uomini e li fulminò con uno sguardo sdegnato. Mesi dopo incontrando un suo amico catanese gli disse: “Guardami non un filo di pancia eppure a Catania mi hanno detto che sono un pacchione! Che gusti hanno…”. Fu opportono spiegarle che gli etnei apprezzavano eccome. Andò a letto tranquilla.
Non abbiamo rilevato casi di catanesi a Palermo, ma se le signore in gita fossero sovrappeso e per le vie del capoluogo siciliano qualcuno le etichettasse “pacchione” probabilmente avrebbero un sussulto di gioia. Quasi un godimento.
Insomma in una  sola parola sono concentrate tutte le divergenze delle due città e dei due popoli. Noi preferiamo comunque l’accezione catanese del termine pacchione. Per questo abbiamo messo in rassegna alcune foto di belle donne come Monica  Bellucci e le siciliane Diletta Leotta e Maria Grazia Cucinotta.