Negata la scarcerazione dei partinicesi Antonina Vitale, 60 anni, e del figlio Michele Cassarrubia di 32. La cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dai loro legali in seguito a quanto era stato già pronunciato dal tribunale del riesame, che per i due aveva fatto cadere l’aggravante mafiosa ma al contempo aveva anche confermato la loro pericolosità e i riscontri investigativi.

La tesi della difesa

Gli avvocati di madre e figlio hanno evidenziato che le condotte dei loro assistiti “in realtà sarebbero meramente supposte sulla base delle poche conversazioni intercettate”, le quali evidenzierebbero a loro dire soltanto relazioni interne ai propri familiari. “Le circostanze ritenute evidenziate dalle intercettazioni ambientali – hanno aggiunto nel loro ricorso – non avrebbero trovato riscontro in altre attività di polizia giudiziaria, avendo tutte le perquisizioni effettuate avuto esito negativo”. Ad essere poi evidenziata la circostanza che Antonina Vitale non avrebbe condiviso, ed anzi osteggiava, l’uso di sostanze stupefacenti del figlio Michele. “La presunta cassa comune dell’associazione – hanno evidenziato sempre i difensori – non sarebbe stata mai da lei effettivamente rimpinguata e che nessuna intercettazione avrebbe riguardato somme da ricevere o destinare a tale cassa”.

Le motivazioni principali dell’inammissibilità

La suprema corte dal suo canto ha invece rilevato come le indagini, portate avanti dalla Dia e dalla compagnia dei carabinieri di Partinico, fossero state condotte attraverso attività di osservazione, controllo, perquisizione ed intercettazione. E da qui sarebbe emerso il ruolo soprattutto della Vitale, indicata come la zia Nina, la quale è stata indicata con “un ruolo di primo piano in quanto si occupava del confezionamento della droga, della sua custodia e della gestione della contabilità, affiancando in modo significativo il figlio nelle attività di organizzazione e direzione del gruppo criminale”. Per la cassazione sarebbero “numerosissime intercettazioni dal contenuto inequivocabile”.

Per la Vitale non è la prima volta

Non è la prima volta che Antonina Vitale viene pizzicata in affari di droga. Nel 2018 venne accusata di smercio di sostanze stupefacenti. Ad arrestarla all’epoca furono i baschi verdi. In passato venne condannata per associazione a delinquere di tipo mafioso. Nel 2018 la Vitale venne fermata mentre viaggiava a bordo della sua autovettura. Nel suo porta occhiali furono trovate 38 dosi di cocaina già confezionate e pronte per lo spaccio.

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