“La Regione con le carte in regola che voleva Piersanti Mattarella oggi è un obiettivo vicino ma non ancora raggiunto”.

Lo ha detto il Presidente della Regione Nello Musumeci chiudendo la seduta solenne dell’Ars in memoria del Presidente Mattarella assassinato dalla mafia esattamente 40 anni fa. Una seduta alla quale ha preso parte il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sia nel ruolo che quale fratello della vittima.

Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, seguiva la seduta solenne a Palazzo Reale a fianco di Maria e Bernardo, figli del fratello Piersanti. La seduta era stata aperta dal presidente dell’Assemblea siciliana, Gianfranco Miccichè, dopo l’inno nazionale.

Proprio a lui si rivolgeva Musumeci intervenendo dopo i brevi discorsi di tutti i capigruppo dell’Ars. “Mattarella segnò l’importanza del cambiamento – ha detto Musumeci – in una Sicilia che non era ancora disposta a cambiare. Visse un periodo nel quale in alcuni palazzi del potere si osava perfino ancora negare l’esistenza della mafia. Fu un tempo nel quale, mentre cadevano le vittime del piombo mafioso, lo Stato indugiava”.

“La Regione Siciliana era ancora, in quegli anni, un colossale ammortizzatore sociale, era la più grande “industria” dell’ Isola, per il peso del suo bilancio e per il numero dei dipendenti, reclutati spesso con sistemi discutibili «senza esperienza e qualche volta anche senza alcuna preparazione», ammetteva lo stesso Mattarella. Una Regione priva di programmazione e adusa agli sprechi degli enti regionali, divenuti parassitari e improduttivi. Sulla necessità di un loro risanamento, Piersanti non usava mezzi termini: «La Regione non può destinare ulteriori risorse al mantenimento di situazioni puramente assistenziali destituite di reali prospettive economiche», stigmatizzando la «erogazione di salari non guadagnati e non corrispondenti ad una effettività di prestazioni lavorative rese in un reale e vitale processo produttivo».Convinto autonomista e meridionalista, Mattarella ebbe la consapevolezza che la condizione di «sottosviluppo economico-sociale» della sua Isola comportava l’ indispensabile intervento dello Stato, per un necessario programma di riequilibrio territoriale della Nazione. E negli anni di imperante partitocrazia, non mancò di denunciare la crisi della capacità rappresentativa dei partiti e di rivendicare la insopprimibile autonomia nell’esercizio delle funzioni di governo. La spinta innovativa portò l’intelligente uomo politico alla riforma degli ordinamenti finanziari ed amministrativi della Regione e al varo di norme essenziali come quelle sulla disciplina delle nomine negli enti regionali, sugli appalti pubblici, sulla programmazione economica, sul trasferimento di funzioni regionali ai Comuni”.

“Quel lavoro avviato dal povero Piersanti è rimasto incompiuto, nonostante sia passato tanto tempo – ammette, poi, Musumeci a margine della commemorazione – la Regione non ha ancora le carte in regola. È un obiettivo per il quale stiamo lavorando da due anni senza risparmio di energie e che può essere raggiunto soltanto con l’impegno di tutti i siciliani perbene, chiamati a liberarsi finalmente da una atavica cultura della rassegnazione e a trovare l’orgoglio della appartenenza”.

 

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