L’omicidio di mafia spiegato dopo 9 anni grazie alle intercettazioni dei carabinieri ha risvolti inquietanti e relazioni pericolose intrattenute dal figlio della vittima con i parenti del killer del padre. Relazioni che lasciano sospettare agli inquirenti che il ragazzo stia, di fatto, indagando sull’omicidio del genitore intessendo relazioni prima con la figlia, poi con la nipote del killer

L’omicidio del padre e la relazione con  la figlia del killer

Da bambino, infatti, ha assistito alla morte del padre, il boss Giuseppe Di Giacomo, assassinato a Palermo, in pieno giorno nel mese di marzo di nove anni fa.

Agli investigatori ha raccontato l’agguato e descritto sommariamente l’autore, che sparò all’impazzata col volto coperto da un casco. Crescendo, si è fidanzato prima con la figlia del killer, poi con la nipote.

La famiglia e le relazioni pericolose

Relazioni pericolose che i familiari dell’assassino hanno cercato di ostacolare in tutti i modi. E che, alla fine, sono state la chiave che ha consentito ai carabinieri di risolvere il giallo dell’omicidio. Arriva da una intercettazione infatti la svolta nel caso Di Giacomo. Parla Salvatore Lipari. E tenta di spiegare alla moglie perché la relazione della nipote col figlio di Di Giacomo lo preoccupa.

La donna non capisce e lui a un certo punto sbotta. “U capisti ca ammazzò Tony” (l’hai capito che lo uccise Tony ndr), dice riferendosi alla morte del boss.

La paura per la nipote che tradisce i parenti del killer

Tony è suo fratello e oggi è stato arrestato per omicidio. Le parole di Salvatore trovano conferma in un’altra intercettazione. A discutere stavolta è il padre Emanuele. “Cosa gli dico io a quella ragazza? Mi sto andando a buttare in un campo minato perchè qualsiasi cosa dico per lasciarlo mi spavento se questa glielo racconta”, spiega riferendosi alla nipote e non sapendo di essere “ascoltato” dai carabinieri.

La famiglia Lipari dunque sa che il ragazzo conosce l’identità del killer del padre e teme che possa usare le sue relazioni, prima quella con la figlia dell’assassino, poi quella con la nipote, per cercare di vendicare la morte del boss.

Gli inquirenti mettono nero su bianco le relazioni pericolose

“I soggetti intercettati – scrivono i pm che hanno coordinato l’indagine – ipotizzavano che il ragazzo stesse perseguendo uno scopo non dichiarato e che stesse agendo per ritorsione”. Per gli investigatori è la prova decisiva del ruolo di Tony Lipari. Nei suoi confronti l’accusa è di omicidio aggravato.

Il mandante

Agì per conto del capomafia Tommaso Lo Presti che vedeva in Di Giacomo una minaccia. Entrambi si contendevano guida e affari del mandamento di Porta nuova. Anche per lo Presti, già detenuto, la Procura ha chiesto l’arresto, ma la misura non è stata concessa dal gip. Torna in cella invece Lipari che da qualche settimana era stato scarcerato.

A suo carico anche le dichiarazioni del pentito Alessio Puccio, “soldato” del mandamento di Porta Nuova che ha raccontato agli investigatori di aver saputo da un altro uomo d’onore, Fabio Pispicia che il delitto era stato voluto da Lo Presti ed eseguito da Lipari.

 

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