“Della decisione del Tar Lazio di respingere la richiesta di sospensiva del provvedimento di revoca della mia scorta non sono sorpreso, perché è chiaro che c’è qualche venticello’ contro di me, ma non mi arrendo perché è per me ormai anche una questione di principio. Quindi appellerò la decisione del Tar ancora una volta davanti al Consiglio di Stato”. Lo scrive su Facebook Antonio Ingroia, commentando la decisione dei giudici.

“Vorrei capire – aggiunge – come mai il Tar ha deliberatamente deciso di ignorare il giudizio del Consiglio di Stato, quando aveva scritto – appena qualche mese fa – che non era affatto escluso che ‘potesse tuttora sussistere un rischio per la mia incolumità, ‘connesso alla pregressa attività di un magistrato, che è stato a lungo impegnato nella lotta contro la mafia’. Così come vorrei capire perché lo stesso Tar Lazio – da una parte – ha disposto il ripristino della scorta per chi ha deliberatamente scelto di non perquisire il covo di Riina e di sospendere ogni attività di osservazione sul covo, così obiettivamente agevolandone lo svuotamento da parte dei mafiosi, e anche per chi, come ristoratore palermitano, ha subito anni fa intimidazioni estorsive, mentre ha ritenuto essere venuto meno ogni pericolo per chi – come me – la mafia l’ha combattuta per decenni da Pa Antimafia a Palermo, anche come Procuratore Aggiunto coordinatore della Procura Antimafia di Palermo”.

Ingroia ricorda a questo proposito di avere coordinato “decine e decine di indagini che hanno portato all’arresto di tanti pericolosissimi latitanti killer e capimafia, fatto condannare decine e decine di mafiosi per fatti gravissimi, e poi ha anche processato uomini dello Stato per collusione con la mafia, fino all’indagine sulla Trattativa Stato-mafia. Spero – conclude l’ex pm – che non sia quest’ultima la colpa che mi si vuole far pagare: quella di non essersi limitato a processare e ottenere la condanna di mafiosi della mafia militare, ma anche dei suoi complici col ‘colletto bianco’”.