Per cinque anni la gestione del cimitero dell’Abazia di San Martino delle Scale, frazione di Monreale (Pa), è stata a conduzione familiare. Il camposanto era gestito dalla famiglia Messina.

Il capostipite Giovanni di 70 anni è finito in carcere insieme al figlio Salvatore, detto Salvo, di 24 anni, e al nipote anche lui Salvatore, detto Salvuccio, di 38 anni.

Con loro anche un operaio Antonino Campanella, 33 anni. Ma in questa inchiesta sono finiti anche la moglie di Giovanni, Erminia Morbini, 74 anni, la figlia Gioacchina, 46 anni, il fratello Luigi, 46 anni, la nipote Rosalia Vitrano, 28 anni, e ancora tre muratori Salvatore Messina, di 40 anni, detto Nasone, Benedetto Messina di 49 anni e Cesare Salvatore Messina, 28 anni. Insieme a loro tra gli indagati c’è padre Michele Musumeci, che per un breve periodo è stato a capo del monastero.

Il prete è coinvolto insieme a Giovanni Messina in una tentata estorsione ai danni di una donna che insieme al fratello avevano acquistato due loculi. La donna un giorno incontra don Musumeci che la informa che bisognava rinnovare la scrittura privata dietro versamento di 5 mila euro.

La donna si rifiuta e si arriva ad un accordo sulla somma di 1 e 600 euro. Di questo 400 dati a Don Michele, altri 650 dati a Giovanni Messina e infine restava un debito di 550 euro. In quell’occasione il prete avrebbe detto alla donna: “Anche il signor Messina deve mangiare”.

Che ci fosse qualcosa di anomalo nella gestione del cimitero in tanti a San Martino e a Monreale ne erano certi. Diversi gli esposti e le indagini in passato che si sono chiuse con un nulla di fatto. Questa volta l’input ad andare fino in fondo è arrivato dalla stessa Abazia. Il nuovo abate Umberto Paluzzi si è presentato dai carabinieri, raccontando, che ci sono parecchie ombre nella gestione del cimitero dove Giovanni Messina che aveva un’agenzia di pompe funebri e un negozio di fiori in piazza aveva il controllo del camposanto. Nel corso delle indagini i carabinieri della compagnia di Monreale hanno messo nero su bianco che la gestione del cimitero era illegale.

“Non abbiamo trovato i registri previsti dalla legge nei quali devono essere riportati tutte le nuove tumulazioni, gli spostamenti delle salme, le estumulazione e lo spurgo dei loculi – spiega il capitano Guido Volpe comandante della compagnia – Tutte quelle informazioni che mancano nel camposanto”.

Giovanni Messina, anche se il cimitero era ormai saturo, trovava sempre un posto libero. L’organizzazione che deve rispondere di numerosi reati tra cui vilipendio di tombe e di cadaveri monitorava le sepolture. Ad essere liberate anzitempo quelli dove nessuno portava un fiore. Spesso ancora prima della fine del contratto la bara veniva tirata fuori e i resti venivano fatti sparite anche impastandoli con il cemento per realizzare nuovi loculi abusivi. Lo scempio sui cadaveri era continuo.

I muratori impegnati nelle opere facevano i loro bisogni sulle casse da morto che appena tolte dai loculi. Tutto ripreso dalle telecamere dei carabinieri che hanno continuato a filmare le attività della banda. Non come quelle piazzate dal nuovo parroco che venivano disattivate quando si commettevano gli abusi. Il giro d’affari è stato in questi anni notevole.

Cinquemila euro il costo di un solo loculo che veniva acquistato dai tanti palermitani che spesso non trovano posto nei cimiteri cittadini. Anche la Guardia di Finanza ha iniziato ad indagare sull’organizzazione e sui fondi che giravano nella gestione del cimitero. L’inchiesta è solo all’inizio. Si punta il dito sull’inspiegabile immobilismo degli uffici del Comune di Monreale e dell’Azienda Sanitaria che per anni non si sono accorti di nulla.