Dopo sei mesi di fermo amministrativo al porto di Palermo la nave Sea Watch della ong tedesca impegnata nel salvataggio dei migranti nel Mediterraneo ha lasciato la banchina diretta al porto di Burriana in Spagna. Due settimane e una delle imbarcazioni impegnate in operazioni umanitarie tornerà nel Mediterraneo. Questo è stato possibile grazie al ricorso presentato dagli avvocati della Ong al Tar di Palermo. I giudici amministrativi hanno sospeso il provvedimento che bloccavano la nave nel capoluogo siciliano. Il giudice ha accolto la nostra richiesta di sospensione del blocco e, in attesa che la Corte di Giustizia Europea si pronunci sul caso, entrambe le nostre navi potranno svolgere la loro attività nel Mediterraneo Centrale. Per sei mesi diversi giovani dell’equipaggio si sono alternati sull’imbarcazione per presidiarla. Hanno trascorso questi mesi con vista sul foro Italico senza potere svolgere la loro attività in aiuto dei migranti. Alle navi era stato invece contestato di trasportare a bordo troppe persone, Fra il 26 e il 28 febbraio, nella sua prima missione dopo sette mesi di blocco forzato, Sea Watch 3 ha soccorso 363 persone e stabilizzato un’imbarcazione in pericolo con 90 naufraghi a bordo. Alla partenza della nave per la Spagna in banchina era presente il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

“La Sea Watch 4 è arrivata al porto di Palermo a settembre siamo stati bloccati per 6 mesi dopo i quali è arrivata la decisione del Tar di Palermo di sospendere le misure cautelari imposte dalla guardia costiera italiana che tenevano ferma la nave per motivi di sicurezza. In realtà questa sicurezza ad oggi non è garantita nemmeno dagli assetti istituzionali. Infatti il Mediterraneo resta vuoto non c’è nessuno in mare che possa soccorrere le persone che in migliaia continuano ad attraversarlo. In queste ore a poche centinaia di chilometri ad Augusta si trova la Sea Watch 3 che è arrivata ormai da tre giorni con 363 persone soccorse in cinque operazioni di soccorso, abbiamo ancora 13 minori non accompagnati, una persona fortemente disabile e tutti positivi al Covid ancora lasciati nella nostra nave in banchina da 3 giorni in queste condizioni di elevatissima vulnerabilità.

Speriamo che la guardia costiera tenga presente il precedente importantissimo segnato dalla decisione del Tar di Palermo che di fatto testimonia la necessità di fare in modo che il Mediterraneo centrale venga coperto da assetti preposti al soccorso e che da questi possa rimanere sguarnito”. E’ quanto afferma Giorgia Linardi portavoce della Sea Watch al porto di Palermo durante le operazione che hanno consentito all’imbarcazione della Ong di lasciare il porto del capoluogo siciliano dopo sei mesi di fermo amministrativo.

“L’approccio dell’unione europea resta sicuramente quello di insistere sul sistema di esternalizzazione delle proprie responsabilità, quando invece i trattati dell’unione imporrebbero la condivisione delle responsabilità tra stati membri sull’immigrazione – aggiunge la portavoce – In questo l’Italia continua ad essere lasciata sola insieme ad altri paesi mediterranei, e davanti all’atteggiamento sordo dell’unione europea anche questa si chiude di fatto lasciando queste persone inassistite. Quindi le politiche dell’Unione europea di fatto vengono portate avanti al costo di vite umane e queste politiche non stanno portando nessuna soluzione. Siamo ormai a quattro anni dagli accordi con la Libia. Le persone continuano a morire in mare, continuano ad attraversarlo. Ci chiediamo quale sia l’aspetto risolutivo di un sistema che si basa sul respingimento illegale di queste persone dal paese da cui scappano e in cui subiscono vessazioni indicibili. Di fatto chi sfugge dalla Libia viene riportato indietro, reimprigionato, se sopravvive scappa di nuovo, viene riportato indietro finché non annega, non arriva dopo giorni di agonia da solo a Lampedusa oppure qualche volta viene soccorso da una nave ong o da un mercantile e spesso rimane lì per giorni e giorni prima che gli Stati decidano di rispettare i propri obblighi”.

Il provvedimento che è intervenuto ha finalmente consentito di tornare a svolgere l’attività che questa nave svolgeva e svolgerà ancora. È un momento di saluto per questa nave che torna in mare per salvare vite a un anno da quando ho conferito al team, all’ong di questa nave la cittadinanza onoraria di Palermo.

Dovremmo continuare ad essere un punto di riferimento per una cultura dei diritti di tutti e di ciascuno e soprattutto per salvare vite umane in un genocidio del Mediterraneo che continua con troppa indifferenza. La mia presenza è una forma di conferma di una condivisione di visione, di impegno che viene anche espressa dalla bandiera di Palermo che sta su questa nave, come su altre navi che svolgono un’altra funzione nel Mediterraneo. Ancorché nazionalità diversa da quella italiana mi sembra che sia significativo che loro abbiano scelto Palermo come punto di riferimento e che Palermo dia a loro la bandiera come punto di riferimento come valori che bisogna coltivare con determinazione senza se e senza ma”.

Lo ha detto il sindaco di Palermo Leoluca Orlando al porto di Palermo assistendo alla partenza della nave della ong rimasta in porto dopo sei mesi di fermo amministrativo.

“Ci vorrebbe una diversa politica dell’Unione europea nel tema dei migranti, bisognerebbe partire dalla convinzione che i migranti sono esseri umani. – aggiunge il sindaco – Mi vengono i brividi a pensare che c’è bisogno di dire che i migranti sono esseri umani, sono esseri umani che fuggono da un planet change che noi spesso abbiamo provocato, che fuggono da guerre locali che noi spesso abbiamo finanziati, che fuggono da una condizione di insicurezza che noi spesso abbiamo prodotto. Noi, europei, non possiamo rifiutare le vittime delle nostre violenze, delle nostre perversioni, delle nostre aggressioni al mondo naturale. Ecco la ragione per la quale credo che la presenza dei migranti interroga noi europei, rispetto ai nostri diritti umani. Per fortuna che abbiamo una Costituzione repubblicana che riconosce questi diritti a prescindere dai comportamenti dei governi o parlamenti. La convenzione internazionale dei diritti dell’uomo e le costituzioni democratiche sono una garanzia, anche se per poter raggiungere l’attuazione di questi principi occorre fatica, polemiche, giudizi davanti ai magistrati. Ma alla fine la costituzione repubblicana diventa un ombrello per quanto riguarda la difesa dei diritti di tutti e di ciascuno, primo fra tutti del diritto alla vita”.

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