Utilizzavano tutti gli accorgimenti possibili per evitare i contatti con la tecnologia per non essere rintracciati o intercettati. Una mania quella di Settimo Mineo per tornare ai vecchi sistemi e cercare in ogni modo ostacolare le indagini dei carabinieri.

Un sistema che in qualche modo è riuscita a non fare sapere dove si è svolto il summit dell’investitura. Neppure seguendo i tabulati si è riusciti a sapere dove si è svolto l’incontro lo scorso 29 maggio: giorno della nomina di Mineo.

Certo non potevano sapere che i carabinieri avevano imbottito di microspie le auto e anche le bici con le quali gli uomini finiti in carcere si spostavano per dirimere i propria affari. Come nel vecchio e attuale film, Nemico Pubblico, Mineo si teneva lontano da tutto quello che poteva rappresentare un pericolo.

Primo fra tutti il cellulare. Poi mai luoghi al chiuso se non esercizi commerciali sicuri. Mineo sia durante la campagna elettorale che dopo l’investitura si muoveva molto.

I carabinieri lo hanno intercettato fuori nei pressi del mercato abusivo di Ballarò che si intratteneva con uomini della cosca per dirimere questioni dall’apertura di un negozio, al recupero di un credito, al permesso perfino per ampliare un’attività commerciale. E poi girava per incontrare quanti si rivolgevano a lui certi della risoluzione della questione. Saliva a bordo della Mercedes guidata dall’autista e incontrava chi aveva una richiesta. E’ quanto emerge nell’operazione Cupola 2.0.

“È stata documentata una serie di episodi in cui Mineo, nel suo ruolo di capo della famiglia mafiosa di Pagliarelli e di capo mandamento, interveniva ripetutamente a condizionare lo svolgimento delle attività economiche insistenti sul territorio – scrivono i magistrati -. Ciò nondimeno Mineo era riconosciuto dagli abitanti della zona quale autorevole figura di riferimento, quale persona a cui rivolgersi per ottenere il permesso per avviare una nuova attività commerciale o per recuperare la merce che era stata rubata; o ancora veniva chiesto il suo intervento risolutivo anche nell’ambito di rapporti privati aventi ad oggetto la locazione di immobili o il pagamento di un credito di denaro”. Commercianti ed imprenditori si rivolgevano al capomafia anziché ai canali della giustizia ordinaria era sintomatico di un contesto socio – ambientale gravemente compromesso – si legge nel provvedimento -.

Del resto le condotte di Mineo anche qualora non immediatamente finalizzate ad un guadagno in termini economici per sé e per la organizzazione, comunque costituivano l’espressione più autentica del controllo capillare e diffuso del territorio contribuendo ad alimentare, tra la popolazione locale, una condizione generale di sottomissione e connivenza, preminente fattore di stabilità e continuità del modello mafioso”.

Ecco gli episodi citati dall’accusa, tutti documentati seguendo la Mercedes di Mineo che si fermava davanti alle attività commerciali.

Recupero di un credito vantato dalla carrozzeria “Simoncini” di via Ernesto Basile che aveva intascato un risarcimento maggiore per un sinistro stradale; restituzione della refurtiva da 60 mila euro rubata nel negozio “Gambino” di Pagliarelli; trasferimento del negozio “Selleria Massaro” e contestuale arrivo di un’altra attività, “Paper Line”; concessione di un affitto più favorevole per un appartamento in via Zancla; riscossione di un credito vantato dal nipote gioielliere Giovanni Pillitteri nei confronti di Nunzio Vincenzo Piraino; risoluzione controversia sulla ristrutturazione e apertura della gastronomia “Wisser Chef” di via Tricomi.