“Beppe era persona che amava il suo lavoro è descritto come un eroe. Era essenzialmente una persona che faceva il suo lavoro con grande amore e non faceva finta di farlo, ma lo faceva realmente”.

E’ il ricordo che Gerlando Montana fa del fratello capo della catturandi della squadra mobile di Palermo, Beppe, ucciso dalla mafia 35 anni fa a Porticello il 28 luglio del 1985.

“Mio fratello è stato ucciso solo dopo 3 anni giovanissimo, questa è una cosa che deve fare riflettere. Se la mafia aveva già paura di un giovane di 33 anni che da tre anni che lavorava vuol dire allora che la si può mettere in forte difficoltà – aggiunge il fratello – Giuseppe non faceva trasparire i suoi problemi le sue preoccupazioni era abbastanza riservato nei confronti del suo lavoro. Aveva avuto la possibilità di spostarsi da Palermo ma lui sentiva che il suo lavoro era qua”.

Alla commemorazione hanno preso parte il prefetto di Palermo Giuseppe Forlani e il questore di Palermo Renato Cortese.

“Oggi ricorre il trentacinquesimo anniversario dell’assassinio di Beppe Montana che venne freddato pochi giorni prima di Ninni Cassarà in quella sconvolgente estate del 1985.

Erano gli uomini con cui Giovanni Falcone aveva iniziato una straordinaria stagione investigativa che cambiò per sempre il modo di comprendere e combattere la mafia siciliana. Ricordare il sacrificio di Beppe Montana ci spinge a riflettere sulla necessità che per combattere sistemi criminali complessi e radicati l’unica strategia è quella della forte coesione tra tutte le istituzioni, soprattutto quando si vivono periodi difficili.

La crisi economica innescata dall’epidemia rappresenta un occasione per le mafie per riprendere vigore. Esse sono abili a mascherarsi per strozzare le imprese in difficoltà per poi impossessarsi delle loro attività, strumentali all’inserimento nelle attività produttive al fine di offrire i propri servizi in una logica criminale. Occorre tenere alta la guardia per contrastare un nemico indomito, sempre pronto sfruttare ogni occasione per imporre le proprie regole in cui l’omertà e le paure del presente e del futuro sono l’humus in cui prolifica”.

Così in una nota Enzo Letizia segretario nazionale dell’associazione nazionale funzionari di polizia.