“Siamo venuti qui per contaminare i medici siciliani”. Erano anni di crescita e di contaminazione. Ma non batterica o virale. anni in cui la grande sanità scendeva in Sicilia. A fare affari, sostenevano i detrattori, e probabilmente sarà anche stato vero. Ma anche a portare qualità, eccellenza, organizzazione. Doti che i siciliani hanno ma solo quando vanno al Nord o all’estero.

Erano gli anni della nascita dell’Ismett a Palermo, gli anni della trasformazione di un piccolo ospedale, il Giglio di Cefalù, in Fondazione insieme al San Raffaele Di Milano, Gli anni in cui Umberto Veronesi sbarcò in Sicilia proprio con quella frase: la contaminazione.

Il ricordo non può mancare all’indomani della morte di Veronesi. un uomo che, nonosane l’età avanzata, lascia un enorme vuoto

Quando Don Luigi Maria Verzè, visionario fondatore del San Raffaele del Monte Tabor di Milano, comunicò all’allora sindaco di Cefalù, Simona Vicari, poco dopo la firma dell’atto costitutivo della Fondazione San Raffaele Giglio, che avrebbe chiesto a Umberto Veronesi di guidare il board del nuovo ospedale, l’entusiasmo salì alle stelle.

“Il vero personaggio che vi ho voluto portare perché credeste a quello che abbiamo promesso di fare è il professore Veronesi – chiosò Don Luigi . ho voluto lui per questo sposalizio tra il dottor Giglio (mecenate di Cefalù) e il San Raffaele”.
E così fu. Veronesi assunse la presidenza del “San Raffaele Giglio” il 24 marzo 2003 e vi rimase sino a dicembre 2006. Furono anni intensi, di grande sviluppo. L’ospedale di Cefalù diventava centrale per la sanità siciliana.

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