Differenti punti di vista sul ruolo del cristianesimo oggi. Occasione dell’interessante dibattito, la presentazione del libro del giornalista Arturo Diaconale “Santità! Ma possiamo continuare a dirci cristiani?”, (editore Rubettino), a Palazzo dei Normanni, cui hanno partecipato il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, l’assessore alle Culture del comune di Palermo, il palestinese di religione musulmana Adham Darawsha, monsignore Giovanni Lanzafame, antropologo e mariologo con tanti anni di esperienza presbiteriale a Siviglia; presente il direttore della Fondazione Federico II, che ha organizzato l’evento, Patrizia Monterosso; moderatore il giornalista Guido Monastra.

Secondo l’autore del volume, la Chiesa di Bergoglio vive una crisi d’identità perché si trova troppo sbilanciata sui temi del sociale e irretita dal politically correct: “La Chiesa vive in una realtà laicizzata, relegata ad un ruolo minoritario. Bergoglio pensa di avere individuato la chiave per uscire da questa condizione di minorità battendosi sui temi sociali e politici. Una scelta legittima che rischia, però, di smarrirne l’identità. Oggi, pur non vivendo lo scisma, ci troviamo in presenza di due Papi, uno emerito, uno ufficiale, che sembrano incarnare due visioni diverse del cristianesimo”.

Diaconale non ha nascosto le sue perplessità sui rischi che l’Islam, non nel suo contenuto teologico, ma nella declinazione politica integralista di alcuni stati islamici, rappresenta per l’Occidente e i cristiani: “E’ innegabile che laddove vi erano fiorenti comunità cristiane in Medioriente, queste si sono ridotte all’irrilevanza numerica e l’importante comunità copta d’Egitto vive continuamente sotto pressione”.

Darawasha, musulmano laico, nato a Nazareth, è pregno di una cultura in cui le tre grandi religioni monoteiste si sono incontrate e scontrate: “La mia famiglia è musulmana, ma io ho studiato dalle suore e dai Salesiani. Gli istituti educativi religiosi in Medioriente hanno la maggior parte degli allievi non cristiani. Se è vero che in molti paesi, Iran, Iraq, Siria, Afghanistan, le comunità cristiane soffrono è perché tutto il popolo soffre. I cristiani in quei luoghi sono autoctoni e subiscono gli stessi soprusi degli altri connazionali. L’Islam non è un monolite. Del resto, quando il principe saudita passa dall’Italia viene riverito con tutti gli onori, nonostante l’interpretazione fondamentalista, e per me sbagliata, del Corano”.

Eppure i punti di contatto fra le due religioni non sono superficiali. Ad esempio, la Madonna è l’unica donna che è chiamata per nome nel Corano, per ben 47 volte, e i musulmani hanno riconosciuto il dogma della sua Verginità prima del cristianesimo.

Ne sa qualcosa il mariologo monsignore Lanzafame, reduce da un’esperienza ventennale in una città, Siviglia, in cui cristiani, musulmani ed ebrei convivono da sempre. Per lui, in linea con il magistero di Bergoglio, non può esistere missione della Chiesa scevra dall’attualizzazione del messaggio evangelico, i cui protagonisti sono gli ultimi e gli emarginati.

“Il nostro Papa – ha detto Lanzafame – ha scelto un nome per la prima volta nella storia, quello di Francesco, il poverello d’Assisi, un manifesto della sana rivoluzione nell’attualizzare il Vangelo, perché questa è la missione della Chiesa. Bergoglio è argentino, il che spiega molte cose; una volta una suora argentina mi ha detto che sull’altare insieme alla Madonna bisognerebbe mettere i poveri. Provenire da quell’area geografica segna una certa visione dei fatti e della storia. Laico, etimologicamente, significa consacrato, che è diverso dall’essere ordinato, questo significa che tutti noi siamo in gioco in questa sfida”.

Secondo il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, il problema dei rapporti fra musulmani e cristiani è prima che di dialogo di comprensione: “La Chiesa non ci parla dell’Islam, ha paura a farlo e sbaglia. Solo questo palazzo può parlare in positivo di tutte le tradizioni religiose. Ci siamo posti il problema dei musulmani dopo il trauma dell’11 settembre, ma in realtà la maggior parte di noi non ne sa molto. Le loro argomentazioni sono destinate a naufragare nel mondo occidentale perché sono folli, ma noi non dobbiamo avere paura di parlarne, perché tanto vinciamo ”.

Articoli correlati