“Mi chiamo Luca Paolo e ho avuto la fortuna che in data 15 luglio 1995 appena diciottenne di far parte di una grande famiglia, la famiglia della Polizia di Stato. Preciso che ho giurato fedeltà alla nostra amata bandiera italiana e non a una classe politica che guarda solo i suoi interessi e non quella dei cittadini”.
Inizia così il racconto di un agente di polizia che solo per un miracolo è ancora in vita.
“A fine marzo del 2012 ha inizio la mia odissea, – continua Luca – la chiamo così perché iniziai a stare male, inizialmente mi recai solo presso il mio medico di famiglia accusandogli solo che mi sentivo solo un po’ fiacco febbre e tosse.
Più passavano i giorni più stavo male allora mi recai il primo di aprile presso l’ospedale Civico di Palermo dove in un attimo mi dissero che dovevo stare tranquillo perché per loro era solo una semplice influenza. Preciso che io gli avevo detto al medico di turno al Pronto Soccorso che mi sentivo torace e spalle pressate tra di loro e mi disse solo di fare 6 Rocefin e tornavo come il ferro (parole del medico)”.
Ma dopo 13 giorni la mia situazione di salute andava sempre a peggiorare. Il paziente respirava a fatica e non riusciva più a camminare da solo.
“Il 13 aprile 2012 mi recai insieme ai miei genitori mia moglie che in periodo era in attesa di nostro figlio Pietro, nuovamente presso l’ospedale Civico di Palermo – continua il poliziotto – Dopo aver atteso con respiro affannoso per delle ore in una semplice sedia, passò davanti a me una dottoressa che sentendo solo il mio misero respiro, chiamò subito l’infermiere di turno sollecitandolo di portare con urgenza una barella e di fare attenzione come poggiarmi. perché il minimo movimento errato del corpo che facevo, potevo anche morire e non se ne accorgeva nessuno. Il tempo di sdraiarmi sul lettino entrai in coma”.
L’agente di polizia viene trasferito d’urgenza il 17 aprile 2012 presso l’ospedale Ismett. Il 21 aprile viene inserito in lista di attesa nazionale il trapianto di cuore.
“Il 24 aprile incontro il mio angelo custode che chiamo semplicemente fratello di Verona – continua il racconto – che mi ha permesso di continuare a vivere donandomi la sua parte migliore (il cuore) e vedere nascere mio figlio Pietro 50 giorni dopo il trapianto esattamente il 13 giugno 2012. Non finirò mai di dire grazie ai familiari del mio Angelo custode che in un momento di grande sconforto ha detto sì alla donazione degli organi. Spero un giorno di poterli ringraziare. Le cause del mio malessere sono da attribuire a un virus virale, che mi ha causato una miocardite acuta. Virus che probabilmente ho beccato durante il trasporto di extracomunitari”
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