• Blitz antimafia, 13 arresti a Noto per associazione mafiosa, estorsione e truffa
  • Operazione Robin Hood dopo inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Catania
  • Giuseppe Caruso, detto “u caliddu” uomo di fiducia del boss

Era il boss di Noto, Antonio Giuseppe Trigila, che impartiva gli ordini dal carcere. Grazie ai colloqui coi familiari, inviava i compiti agli esponenti della sua cosca per il controllo del trasporto dei prodotti orto-frutticoli, la produzione di pedane, imballaggi e prodotti caseari. E’ quanto emerge nell’operazione Robin Hood, conclusa dalla polizia, dai carabinieri e dalla Guardia di finanza di Siracusa scaturita in 13 arresti per associazione mafiosa, estorsione e truffa. Secondo quanto emerge nell’inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Catania, il boss era in contatto con il figlio grazie a uno scambio di lettere, finite nelle mani degli inquirenti, per i quali erano le donne, la moglie e la figlia di Trigila, a svolgere il compito di veicolare i suoi ordini ma capitava anche che intervenissero in prima persona, per conto del boss quando si rendeva necessario spendere il suo nome per risolvere alcune questioni.

Due anni d’indagini

Le indagini, iniziate nel 2016 e proseguite fino al 2018, hanno accertato la disponibilità da parte della cosca di proprie aziende capaci di alterare le regole della concorrenza e di acquisire una posizione dominante, in particolare nell’intermediazione nel settore dei trasporti dei prodotti agricoli. Oltre a questo, il gruppo si sarebbe reso responsabile di estorsioni ai danni di diversi operatori economici e di truffa, ottenendo l’erogazione di fondi europei destinati alle imprese agricole, di cui si sarebbe occupato il nipote del boss.

Il capo della cosca Crispino

L’inchiesta della Dda di Catania e della polizia di Siracusa ha permesso d’individuare in Giuseppe Crispino il reggente della cosca. A lui, il boss prima dell’arresto dello stesso Crispino, avvenuto il 4 luglio del 2018 in quanto trovato in possesso di 650 grammi di cocaina e di 4 pistole perfettamente funzionanti illegalmente detenute, avrebbe affidato la raccolta dei proventi illeciti per il sostentamento dell’associazione, il pagamento degli stipendi alle famiglie dei sodali detenuti, la detenzione delle armi e la conduzione delle attività delittuose più delicate quali le estorsioni e il traffico di sostanze stupefacenti.

Gli uomini di fiducia del boss

Tra gli uomini di fiducia c’era Giuseppe Caruso, detto “u caliddu”, che, grazie ai contatti con le aziende di autotrasporti che operavano nella zona sud della provincia e in quella di Ragusa, aveva il compito di raccogliere i versamenti di denaro imposti agli operatori del settore per poter lavorare senza incorrere in problemi.

Le intercettazioni

Gli inquirenti hanno accertato nel corso delle indagini tre episodi di estorsione ai danni delle imprese di autotrasporto. “Ma chi ve l’ha data questa autorizzazione” – “Io sto prendendo i bins e gli sto dando fuoco ora stesso, subito. E qua non ci deve entrare nessuno, se prima non ve lo dico io, perché il padrone (…) sono io”) emerge in una delle conversazioni intercettate dalla polizia. Pure il boss Antonio Giuseppe Trigila è stato intercettato durante i suoi colloqui e nel corso della visita di una nipote avrebbe svelato la sua attività illecita. “Loro dicono per Mafiosità, invece io sono un contrasto dello Stato!…che cosa significa contrasto dello Stato?”

I nomi degli arrestati

Vanno in carcere Rosario Agosta, 48 anni; Nunziatina Bianca, 64 anni, Marcello Boscarino, 46 anni; Giuseppe Caruso, 67 anni, detto u caliddu;  Giuseppe Crispino, 43 anni, già in carcere;  Francesco De Grande, 62 anni; Emanuele Eroe, 38 anni; Angelo Monaco, 26 anni; Salvatore Porzio, 36 anni; Angela Trigila, 45 anni; Antonio Giuseppe Trigila “Pinuccio Pinnintula”, 70 anni, già in carcere;  Giuseppe Trigila, 47 anni, e Giuseppe Trigila, 43 anni.

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