“Lucida” e “cosciente” sarebbe stata Veronica Panarello mentre uccideva il piccolo Loris. Per la Cassazione la donna, condannata a 30 anni di carcere per l’omicidio del figlioletto Loris Andrea Stival, era pienamente cosciente di quanto stesse facendo quel 29 novembre del 2014 a Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa.

I giudici della suprema corte hanno stabilito che Veronica Panarello “non versava in stato confusionale, come la stessa ha cercato di far credere, ma, al contrario, era perfettamente cosciente e orientata nell’attività di eliminazione delle tracce del commesso reato e di depistaggio delle indagini”.

La Cassazione ieri ha depositato le motivazioni della sentenza relativa all’udienza che si è svolta lo scorso 21 novembre, e che si è conclusa con il rigetto del ricorso della difesa della Panarello contro la condanna a 30 anni di reclusione inflitta alla donna dalla Corte di Assise di Appello di Catania nel 2016.

Secondo i giudici, quindi, la Panarello non avrebbe diritto ad alcuna attenuante. Nessuna “amnesia dissociativa”, scrivono i giudici, ma “la condotta posta in essere dall’imputata subito dopo l’omicidio del figlio risulta lucidamente finalizzata al depistaggio delle indagini che sarebbero inevitabilmente seguite una volta scoperta la morte del bambino, con la immediata – si legge ancora nella sentenza – risoluzione di disfarsi del cadavere del figlio buttandolo in un canale in una contrada periferica, con la simulazione di una violenza sessuale ai danni del piccolo, con il disfacimento degli oggetti adoperati per commettere il delitto o comunque a esso riconducibili”.

Veronica Panarello, secondo la Cassazione, “non versava in stato confusionale, come la stessa ha cercato di far credere», ma «al contrario era perfettamente cosciente e orientata nell’attività di eliminazione delle tracce del commesso reato e di depistaggio delle indagini”.

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