Sono stati i carabinieri del Nas a scoprire che una casa di riposo, situata a Siracusa, era abusiva e così dopo aver letto la relazione degli inquirenti e compiuto gli accertamenti, il Comune di Siracusa, ha disposto la chiusura della struttura che ha un valore commerciale di circa 150 mila euro Secondo quanto emerso nell’ispezione dei militari, l’attività “è risultata priva dell’autorizzazione amministrativa ad esercitare la specifica attività, del certificato di agibilità e destinazione d’uso nonché responsabile della mancata attuazione del piano di autocontrollo alimentare” fanno sapere dal comando provinciale di Siracusa.

C’erano 6 ospiti nella casa di riposo, alcuni torneranno nei loro nuclei familiari, avvertiti dell’esito dell’ispezione dei militari nelle ore successive, altri, invece, saranno trasferiti in altre strutture.

Nel maggio scorso, una struttura socio-assistenziale per anziani abusiva in cui i carabinieri avevano riscontrato “gravi irregolarità e senza le più elementari misure per la prevenzione e il contenimento del Covid-19” era stata sequestrata da militari del Nas di Catania a San Pietro Clarenza.

La responsabile sarebbe una 46enne munita esclusivamente di un attestato di operatore socio assistenziale che vi lavorava assieme al proprio convincente. La donna ha rimediato una denuncia alla Procura di Catania. Nella struttura c’erano sette posti letto, due dei quali occupati dalla coppia che, ricostruiscono i carabinieri del Nas, viveva negli stessi ambienti destinati agli anziani senza i benché minimi accorgimenti o protezioni contro il potenziale contagio del virus e la totale assenza degli standard organizzativi e funzionali previsti .

Gli anziani ospiti, ultrasettantenni e non autosufficienti, a fronte del pagamento di rette mensili, erano alloggiati, spiegavano i militari dell’Arma, “in camere anguste, senza adeguati servizi igienici, senza sistemi di riscaldamento e di climatizzazione e senza la necessaria assistenza considerata la mancanza di adeguato personale qualificato che avrebbe dovuto accudirli: operatori sanitari, infermieri professionali, assistenti sociali o educatori-psicologi e animatori”.

 

 

 

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