Pippo Gianni ha vinto al Cga la battaglia contro Pippo Gennuso per il seggio della scorsa tornata elettorale all’Ars. Il Consiglio di giustizia amministrativa ha accolto il ricorso presentato dall’ex deputato regionale assistito dagli avvocati Massimiliano Mangano (nella foto), Valentina Castellucci e Michele Cimino.

Un ricorso contro l’ufficio elettorale del collegio di Siracusa per chiedere l’annullamento delle operazioni elettorali in 8 sezioni di Pachino e Rosolini e la revocazione di tre sentenze del Cga. Nella lunga battaglia legale tutto parte da un ricorso presentato al Tar nel quale si contestava la validità del risultato elettorale per alcuni irregolarità che avrebbero favorito Pippo Gianni ai danni di Pippo Gennuso.

Il Tar aveva dichiarato il ricorso inammissibile. A questo punto la vicenda del contenzioso si inserisce nella vicenda che ha visto coinvolto il presidente  del Cga Raffaele De Lipsis che ha patteggiato una pena a due anni e sei mesi di reclusione, pena sospesa, e interdizioni dai pubblici uffici e ha versato la somma di 25 mila euro a titolo di risarcimento del danno. L’accusa era di corruzione.

La sentenza è diventata irrevocabile il 14 settembre del 2019. Alla luce di quelle vicende i giudici del Cga presieduti da Rosanna De Nictolis estensore Sara Raffaella Molinaro, oggi hanno revocato le sentenze del Cga del 2014 e dichiarato nulle la consultazione che aveva ribaltato l’esito delle elezioni, ha dichiarato nulla l’elezione di Gennuso e ha ripristinato quelle di Pippo Gianni. A Gianni non sono state riconosciute le indennità relative al periodo nel quale non ha potuto esercitare il mandato.

Nella sentenza, il Cga ribadisce il dolo dell’allora del presidente del Consiglio di Giustizia amministrativa, Raffaele De Lipsis, che, con una sentenza, dietro il pagamento di una tangente, dispose un mini tornata elettorale nell’ottobre del 2014, in 9 sezioni tra Pachino e Rosolini, al termine della quale Gennuso soffiò il seggio a Gianni.

“Nel caso di specie il giudice penale ha accertato – si legge nella sentenza –  che, per favorire il sig. Giuseppe Gennuso nei ricorsi presentati innanzi al Cga per ottenere l’annullamento delle elezioni regionali della Sicilia svoltesi nel 2012, l’estensore delle sentenze revocande, “in quanto pubblico ufficiale, presidente del CGA ed estensore delle sentenze del 5 febbraio 2014 e 16 gennaio 2014 sui ricorsi proposti rispettivamente dai signori Salvatore Di Pietro e Salvatore Midolo, di fatto entrambi nell’interesse del sig. Gennuso, riceveva da Giuseppe Gennuso – che metteva a disposizione la provvista finanziaria – con la mediazione dei signori Piero Amara e Giuseppe Calafiore, attraverso Luigi Pietro Caruso, somme di denaro non inferiori a 30.000,00 euro”.

Inoltre, “la condotta dolosa del Presidente del Collegio che ha deciso le sentenze qui impugnate, volta a favorire il sig. Gennuso nei termini indicati dal giudice penale, ha quindi portato all’emanazione delle sentenze del Cga n. 46/2014 e n. 47/2014, di cui il relatore/estensore era anche Presidente del Collegio”.

Alla luce di queste considerazioni, il Cga ritiene che Pippo Gianni “aveva titolo – si legge nella sentenza –  per continuare a svolgere il mandato elettorale interrotto a causa dell’esecuzione delle sentenze n. 46, n. 47 e n. 394 del 2014, fino al termine naturale della consiliatura iniziata a seguito delle consultazioni elettorali svoltesi in data 28 ottobre 2012 per l’elezione del Presidente della Regione e dell’Assemblea regionale siciliana”.

Per cui, a Gianni viene riconosciuto il titolo di deputato. “E’ pertanto meritevole – spiegano nella sentenza i giudici del Cga –  di tutela la pretesa di ripristinare, a far data dalla decadenza dall’elezione (17 ottobre 2014) e fino al termine della legislatura (2017), il titolo di deputato dell’Assemblea regionale siciliana”.

Sebbene gli sia riconosciuto il titolo di parlamentare regionale, Pippo Gianni non avrà quel risarcimento, in termine economici, richiesto per la perdita ingiusta del seggio.

“Il ricorrente in revocazione – si legge nella sentenza –  non potendo più esercitare la carica di deputato regionale a causa della fine della consiliatura regionale prima della fine della vicenda processuale, neppure ha titolo per conseguire in via diretta gli emolumenti conseguenti e i relativi accessori, ivi comprese le connesse prestazioni previdenziali”

 

 

 

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