• Accusato di aver rogato atti pubblici falsi per l’acquisizione di terreni
  • E’ stato parlamentare regionale e svolge l’attività di notaio
  • E’ rimasto coinvolto nell’operazione Terre emerse del 2015
  • La condanna emessa dal tribunale di Siracusa

E’ stato condannato a 6 anni e 5 mesi di reclusione il notaio ed ex parlamentare regionale Giambattista Coltraro, accusato di falso in atto pubblico. La sentenza è stata emessa ieri sera al termine della Camera di consiglio del giudice Carla Frau che ha inflitto una pena più pesante rispetto a quella chiesta dal pm (5 anni e 6 mesi).

La vicenda

Il professionista venne coinvolto nell’inchiesta Terre emerse su una falsa compravendita di terreni, nella zona di Carlentini, a nord del Siracusano, del valore di circa 3 milioni di euro,  di cui avrebbe beneficiato un presunto gruppo criminale. Per gli inquirenti, la banda avvalendosi di atti pubblici falsi, rogati dal notaio Giambattista Coltraro tra il 2011 ed il 2014, e anche con intimidazioni e danneggiamenti, avrebbe acquisito la disponibilità di oltre 2 mila ettari di terreno appartenenti ad ignari proprietari e, con la complicità di ispettori dell’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, avrebbe conseguito erogazioni pubbliche per oltre 200 mila euro.

La tesi della Procura

La posizione di Coltraro, difeso dall’avvocato Valerio Vancheri, è stata stralciata rispetto a quella degli altri indagati  Per la Procura, l’acquisizione dei terreni sarebbe stata studiata a tavolino, con la selezione dei fondi, preferendo quelli nella disponibilità di persone molto anziane o in condizioni di debolezza socio economica. Ma nella disponibilità degli indagati, secondo la ricostruzione dell’accusa, sarebbero finiti anche terreni di proprietà del comune di Carlentini, che si è costituito parte civile nel processo, rappresentato dall’avvocato Sebastiano Grimaldi.

La posizione della difesa

Una tesi rigettata con forza dalla difesa del notaio, rappresentata dall’avvocato Valerio Vancheri, che, nel corso della sua arringa, nell’aula del palazzo di giustizia di Siracusa, ha indicato le ragioni per cui il suo assistito avrebbe dovuto essere assolto. In sostanza, secondo quanto emerso nella ricostruzione della difesa, metà di questi fondi sarebbe stata acquisita da quel gruppo familiare, capeggiato  dal carlentinese Antonino Carcione, con l’usocapione, come dimostrato, secondo la difesa, da una sentenza del tribunale. L’altra metà, a parere dell’avvocato Valerio Vancheri, è di “proprietà incerta”, per cui la condotta fraudolenta del notaio cadrebbe.