ROMA (ITALPRESS) – “Non basta il vertice dei ministri degli Esteri, va convocato subito un Consiglio europeo che cerchi di raddrizzare il possibile. Serve una Ue unita e decisa, ora ogni distinguo è una diserzione. Questa è una guerra persa e bisogna limitarne gli effetti disastrosi». Lo dice il segretario del Pd Enrico Letta, in un’intervista a Repubblica, a proposito della situazione in Afghanistan.
Letta si dice convinto che la democrazia non si esporti con la guerra: “E’ stato uno degli abbagli successivi alla caduta del muro di Berlino, insieme alla teoria della fine della storia». «La questione dei diritti delle donne negati è centrale – prosegue -. Noi non dobbiamo lasciare nessuno solo davanti al ritorno del Medioevo, è un imperativo morale e politico».
Una guerra “disseminata di tanti, troppi errori, a cominciare dall’unilateralismo con cui è stata aperta e chiusa dagli Stati Uniti. Non si può infatti leggere la vicenda afghana slegandola dalla guerra in Iraq del 2003 e dalla over-reaction americana dopo l’attentato dell’11 settembre». «Pur con tutti i suoi limiti – aggiunge – l’Occidente è l’unica parte del mondo che spende soldi e vite umane per cercare di migliorare le condizioni di vita anche in altre parti. Ma alla crescista della soceità civile afghana non si è accompagnato il nation building , la costruzione della nazione. Quello che è accaduto a Kabul dimostra che si possono avere le migliori tecnologie, i soldi, le truppe, i droni, ma alla fine ci sono Paesi nei quali questo non basta a impiantare i valori democratici».
(ITALPRESS).
Letta si dice convinto che la democrazia non si esporti con la guerra: “E’ stato uno degli abbagli successivi alla caduta del muro di Berlino, insieme alla teoria della fine della storia». «La questione dei diritti delle donne negati è centrale – prosegue -. Noi non dobbiamo lasciare nessuno solo davanti al ritorno del Medioevo, è un imperativo morale e politico».
Una guerra “disseminata di tanti, troppi errori, a cominciare dall’unilateralismo con cui è stata aperta e chiusa dagli Stati Uniti. Non si può infatti leggere la vicenda afghana slegandola dalla guerra in Iraq del 2003 e dalla over-reaction americana dopo l’attentato dell’11 settembre». «Pur con tutti i suoi limiti – aggiunge – l’Occidente è l’unica parte del mondo che spende soldi e vite umane per cercare di migliorare le condizioni di vita anche in altre parti. Ma alla crescista della soceità civile afghana non si è accompagnato il nation building , la costruzione della nazione. Quello che è accaduto a Kabul dimostra che si possono avere le migliori tecnologie, i soldi, le truppe, i droni, ma alla fine ci sono Paesi nei quali questo non basta a impiantare i valori democratici».
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