BARI (ITALPRESS) – Duro colpo per la criminalità organizzata foggiana. Nella notte l’esito di un’indagine antimafia della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari che ha coinvolto anche la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, i Servizi Centrali e Interprovinciali di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza e i loro ulteriori organismi territoriali, ha infatti dato vita all’operazione “Mari e Monti”, che ha portato a tre provvedimenti ministeriali applicativi del regime detentivo speciale 41 bis per alcuni indagati, alla custodia in carcere per 37 indagati in tutto (tra cui una donna) e agli arresti domiciliari per altri due (di cui una donna). Alcuni di tali soggetti erano peraltro già detenuti.
Nel dettaglio, gli indagati sono stati contestati 48 diversi capi di imputazione: un’associazione mafiosa (a carico di 25 indagati), due associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti (una a carico di 11 indagati, l’altra a carico di 10 indagati), 21 delitti in tema di stupefacenti, 11 delitti estorsivi, cinque delitti in materia di armi, nove delitti vari (rapina, furto aggravato, favoreggiamento, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione). Il valore complessivo sottoposto a sequestro patrimoniale è invece di circa 10 milioni di euro.
Il procedimento avrebbe dovuto comprendere altre sette posizioni soggettive di esponenti della consorteria, tutti deceduti per morte violenta a causa di lesioni da colpi d’arma da fuoco. Il gip ha inoltre ritenuto di rigettare la misura nei confronti di ulteriori sette indagati, dei quali due per mancanza di gravità indiziaria e cinque per mancanza di attualità di esigenze cautelari (sebbene ne riconosca la gravità indiziaria).
Nel corso dell’indagine, sono stati resi 33 interrogatori da 18 differenti collaboratori di giustizia, per totali 3580 pagine. Sono state effettuate 75 intercettazioni di differenti utenze telefoniche, resi oggetto di intercettazione tra presenti 53 ambienti e intercettati 16 apparati telefonici. Sono poi stati sottoposti a videosorveglianza 22 siti, intercettati 16 colloqui carcerari (con 43 colloqui utilizzati), acquisite e versate in atti 160 pronunce giudiziarie, collegati e analizzati 26 procedimenti penali, esaminate 14 interdittive antimafia e sciolti tre comuni (Monte S. Angelo, Mattinata e Manfredonia).
Nel tempo, ci sono infine stati un elevato numero di verbali di arresto e di annotazioni di polizia giudiziaria, i sequestri di 11 fucili, nove pistole, tre ordigni esplosivi, dieci chili di materiale esplosivo, 636 munizioni, 1674 chili di marijuana, 1,3 chili di cocaina; un chilo di eroina e tre chili di hashish. Sono stati analizzati 120 soggetti per le misure patrimoniali.
Tutti questi numeri sottolineano l’importanza dell’operazione, anche alla luce del fatto che “lo stato di belligeranza permanente tra le due organizzazioni mafiose ‘Li Bergolis’ e ‘Romito-Ricucci-Lombardì”, si legge in una nota della Procura della Repubblica, “a far data dal 2009 ha originato 21 omicidi e 18 tentati omicidi, talchè è immanente il rischio di pianificazione e consumazione di ulteriori fatti di sangue. Pertanto, non sorprende che il giudice nel provvedimento cautelare definisca lo scenario associativo investigato come ‘la più allarmante criminalità organizzata del territorio pugliesè”.
“Di fronte alla cosiddetta ‘quarta mafià – ha affermato in conferenza stampa il procuratore della Repubblica di Bari Roberto Rossi – abbiamo qui davanti plasticamente la migliore risposta che lo Stato potesse dare. Abbiamo la rappresentanza di una squadra che ha agito in questo caso con una unitarietà e una forza che si sono sviluppate all’interno di un’operazione che, al di là della quantità e dei numeri, ha una qualità derivante proprio dall’aver agito su tutti i piani: su quello delle misure personali, su quello della misura di prevenzione per il recupero dell’illecito profitto, sul piano dell’aggravamento da un punto di vista della sicurezza all’interno delle carceri e poi soprattutto sul piano di una capacità di lavorare insieme tutti quanti, senza gelosie, ma con una capacità di lavoro comune”.
“Questa misura – ha spiegato il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo – colpisce una delle organizzazioni più potenti delle mafie foggiane, oltretutto colmando un deficit di intervento repressivo che durava da una quindicina d’anni, perchè l’ultima operazione che riguardava il clan Li Bergolis risale alla fine del primo decennio del secolo. E’ stata un’indagine avviata già da alcuni anni, proseguita e sviluppatasi e via via incrementata di contributi informativi e probatori sempre più significativi. Tutto questo giustifica la raffigurazione datale oggi dal giudice, con un’ordinanza che ha accolto quasi integralmente le richieste del pubblico ministero e fotografa una realtà di straordinaria pericolosità”.
“E’ importante sottolineare – ha aggiunto – la dimostrata necessità di richiedere la sottoposizione al regime detentivo speciale per tre capi di questa organizzazione, che erano già nel regime di alta sicurezza. Le indagini hanno però dimostrato ancora una volta che il circuito penitenziario dell’alta sicurezza è inidoneo a contenere la pericolosità delle principali figure mafiose. Non si cessa di essere mafiosi una volta arrestati, il carcere è un luogo di normale operatività delle organizzazioni criminali. E’ necessario rimuovere la situazione di sostanziale dominio che le associazioni mafiose esercitano anche al loro interno. Questo è un tema di carattere generale”.

– Foto: xa2/Italpress –

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