ROMA (ITALPRESS) – Piano nazionale Cronicità (PNC): nell’aggiornamento all’esame delle Regioni sono necessari sei passaggi perchè il documento sia davvero efficace per i 24 milioni di italiani affetti da una o più patologie croniche.
Per i quali si spende circa l’80% della spesa sanitaria. Stando a proiezioni Istat, poi, nel 2028 si spenderanno 70,7 miliardi di euro per curare le persone con cronicità. Semplificazione, temporalità chiara, monitoraggio forte, fondi e integrazione altre patologie per garantire equità e effettività sono gli aspetti da migliorare nel documento e l’Osservatorio di Salutequità in una sua analisi spiega come fare.
Dovrebbe essere facilitata la lettura e la comprensione con un testo unico sulla cronicità. La bozza trasmessa alle Regioni è un testo di aggiornamento, ma non è stato integrato con il Piano del 2016 e quindi obbliga -per avere il quadro chiaro- alla realizzazione di un testo integrato tra quello del 2016 e quello che potrebbe essere varato nel 2024.
Occorre assicurare e definire una temporalità. Tutti gli altri piani hanno una data di inizio e una di fine per offrire agli attori che debbono implementarlo, verificarlo, utilizzarlo, di programmare i tempi di applicazione e di tarare le aspettative di professionisti e cittadini. La previsione di una temporalità limita anche situazioni di blackout in caso, ad esempio, di ritardi nel rinnovo della Cabina di Regia, nelle cui mani è oggi l’aggiornamento e la verifica del Piano.
Indicare e definire le risorse per l’implementazione. Se da un lato il Ministro nel suo atto di indirizzo sottolinea l’importanza di “investire risorse strategiche sui piani nazionali che costituiscono la risposta sistemica alle tematiche di salute concernenti la cronicità, le malattie rare, … la prevenzione e il contrasto del cancro.”, la mancanza di previsione di risorse per la sua implementazione risulta non solo incoerente con le indicazioni espresse, ma rischia di far rimanere l’atto solo sulla carta. E’ difficile che l’implementazione possa avvenire senza risorse dedicate per gli obiettivi previsti e l’inserimento di nuove patologie (es. per l’adeguamento tecnologico dei presidi diagnostici, il riconoscimento di un codice di esenzione per l’obesità -attualmente non ricompresa nei LEA, per reti cliniche con competenze e diffusione adeguata, ecc.).
Prevedere un sistema di monitoraggio stringente e che dialoghi con il monitoraggio LEA. Il monitoraggio descritto nel Piano risulta debole. Se da un lato indica che le direttrici sono tre (monitoraggio normativo, assetti organizzati ed operativi, indicatori di salute delle singole patologie croniche) dall’altro chiarisce anche che la funzione del monitoraggio “potrà fornire elementi utili a calibrare le scelte strategiche regionali/provinciali e locali” ma non richiama alle conseguenze di una eventuale inapplicazione del Piano. La verifica interessa solo i Pdta (percorsi diagnostico terapeutici assistenziali) delle patologie incluse nel Piano e lascia fuori tante altre malattie croniche, senza quindi una visione di governance complessiva della cronicità. Infine il modello di monitoraggio non dialoga con il sistema degli adempimenti dei Lea.
Deve essere chiara la trasparenza e la pubblicazione della relazione sullo stato di avanzamento dell’implementazione PNC. Da un lato è stato fatto un passo in avanti indicando che l’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari) supporta tecnicamente la Cabina di Regia nel monitoraggio. Dall’altro però non è specificato se la relazione annuale sugli esiti delle attività di monitoraggio – predisposta di norma entro gennaio dell’anno successivo – sarà resa pubblica per assicurare accountability degli interventi e degli esiti prodotti.
Integrare il PNC con gruppi di patologie croniche che richiederebbero una attenzione specifica e non più rinviabile. E’ il caso, ad esempio, della psoriasi da cui sono affetti 1,8 milioni di persone in Italia e che resta una patologia sottovalutata, spesso associata a patologie già ricomprese nella seconda parte del Piano 2016, ma che è talmente sottovalutata che non viene nemmeno rilevata dall’ISTAT nè in quelle del sistema di sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia). E ancora difetta di attenzione alle “nuove cronicità”. La bozza di PNC trasmesso alle Regioni, manca di un riferimento alle “nuove cronicità” che caratterizzano, ad esempio, alcune neoplasie ematologiche per le quali i traguardi scientifici raggiunti grazie alla ricerca hanno modificato radicalmente i percorsi di cura e l’aspettativa di vita. E’ il caso di neoplasie come la leucemia linfatica cronica o la leucemia mieloide cronica in cui il concetto di cronicità è già esplicitamente espresso nel “nome della patologia”.
“Se approvato in questa versione – commenta Tonino Aceti, presidente di Salutequità – l’aggiornamento del Piano Nazionale Cronicità rischia di restare solo il piano delle ‘buone intenzionì, destinato a restare sulla carta come il precedente di cui ripropone gli errori. A cominciare dall’assenza di risorse dedicate, di un orizzonte temporale certo, di una integrazione con altre patologie che richiedono attenzione specifica e non più rinviabile e di un cronoprogramma che detti il ritmo degli adempimenti e di un meccanismo di verifica efficace che dialoghi con il sistema adempimenti LEA. L’augurio è – conclude Aceti – che le Regioni, assieme al ministero, già dalle riunioni in programma nei prossimi giorni, percorrano questa strada, chiudendo così un documento davvero e finalmente efficace”.
Per i quali si spende circa l’80% della spesa sanitaria. Stando a proiezioni Istat, poi, nel 2028 si spenderanno 70,7 miliardi di euro per curare le persone con cronicità. Semplificazione, temporalità chiara, monitoraggio forte, fondi e integrazione altre patologie per garantire equità e effettività sono gli aspetti da migliorare nel documento e l’Osservatorio di Salutequità in una sua analisi spiega come fare.
Dovrebbe essere facilitata la lettura e la comprensione con un testo unico sulla cronicità. La bozza trasmessa alle Regioni è un testo di aggiornamento, ma non è stato integrato con il Piano del 2016 e quindi obbliga -per avere il quadro chiaro- alla realizzazione di un testo integrato tra quello del 2016 e quello che potrebbe essere varato nel 2024.
Occorre assicurare e definire una temporalità. Tutti gli altri piani hanno una data di inizio e una di fine per offrire agli attori che debbono implementarlo, verificarlo, utilizzarlo, di programmare i tempi di applicazione e di tarare le aspettative di professionisti e cittadini. La previsione di una temporalità limita anche situazioni di blackout in caso, ad esempio, di ritardi nel rinnovo della Cabina di Regia, nelle cui mani è oggi l’aggiornamento e la verifica del Piano.
Indicare e definire le risorse per l’implementazione. Se da un lato il Ministro nel suo atto di indirizzo sottolinea l’importanza di “investire risorse strategiche sui piani nazionali che costituiscono la risposta sistemica alle tematiche di salute concernenti la cronicità, le malattie rare, … la prevenzione e il contrasto del cancro.”, la mancanza di previsione di risorse per la sua implementazione risulta non solo incoerente con le indicazioni espresse, ma rischia di far rimanere l’atto solo sulla carta. E’ difficile che l’implementazione possa avvenire senza risorse dedicate per gli obiettivi previsti e l’inserimento di nuove patologie (es. per l’adeguamento tecnologico dei presidi diagnostici, il riconoscimento di un codice di esenzione per l’obesità -attualmente non ricompresa nei LEA, per reti cliniche con competenze e diffusione adeguata, ecc.).
Prevedere un sistema di monitoraggio stringente e che dialoghi con il monitoraggio LEA. Il monitoraggio descritto nel Piano risulta debole. Se da un lato indica che le direttrici sono tre (monitoraggio normativo, assetti organizzati ed operativi, indicatori di salute delle singole patologie croniche) dall’altro chiarisce anche che la funzione del monitoraggio “potrà fornire elementi utili a calibrare le scelte strategiche regionali/provinciali e locali” ma non richiama alle conseguenze di una eventuale inapplicazione del Piano. La verifica interessa solo i Pdta (percorsi diagnostico terapeutici assistenziali) delle patologie incluse nel Piano e lascia fuori tante altre malattie croniche, senza quindi una visione di governance complessiva della cronicità. Infine il modello di monitoraggio non dialoga con il sistema degli adempimenti dei Lea.
Deve essere chiara la trasparenza e la pubblicazione della relazione sullo stato di avanzamento dell’implementazione PNC. Da un lato è stato fatto un passo in avanti indicando che l’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari) supporta tecnicamente la Cabina di Regia nel monitoraggio. Dall’altro però non è specificato se la relazione annuale sugli esiti delle attività di monitoraggio – predisposta di norma entro gennaio dell’anno successivo – sarà resa pubblica per assicurare accountability degli interventi e degli esiti prodotti.
Integrare il PNC con gruppi di patologie croniche che richiederebbero una attenzione specifica e non più rinviabile. E’ il caso, ad esempio, della psoriasi da cui sono affetti 1,8 milioni di persone in Italia e che resta una patologia sottovalutata, spesso associata a patologie già ricomprese nella seconda parte del Piano 2016, ma che è talmente sottovalutata che non viene nemmeno rilevata dall’ISTAT nè in quelle del sistema di sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia). E ancora difetta di attenzione alle “nuove cronicità”. La bozza di PNC trasmesso alle Regioni, manca di un riferimento alle “nuove cronicità” che caratterizzano, ad esempio, alcune neoplasie ematologiche per le quali i traguardi scientifici raggiunti grazie alla ricerca hanno modificato radicalmente i percorsi di cura e l’aspettativa di vita. E’ il caso di neoplasie come la leucemia linfatica cronica o la leucemia mieloide cronica in cui il concetto di cronicità è già esplicitamente espresso nel “nome della patologia”.
“Se approvato in questa versione – commenta Tonino Aceti, presidente di Salutequità – l’aggiornamento del Piano Nazionale Cronicità rischia di restare solo il piano delle ‘buone intenzionì, destinato a restare sulla carta come il precedente di cui ripropone gli errori. A cominciare dall’assenza di risorse dedicate, di un orizzonte temporale certo, di una integrazione con altre patologie che richiedono attenzione specifica e non più rinviabile e di un cronoprogramma che detti il ritmo degli adempimenti e di un meccanismo di verifica efficace che dialoghi con il sistema adempimenti LEA. L’augurio è – conclude Aceti – che le Regioni, assieme al ministero, già dalle riunioni in programma nei prossimi giorni, percorrano questa strada, chiudendo così un documento davvero e finalmente efficace”.
– foto: Ipa Agency –
(ITALPRESS).
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