ROMA (ITALPRESS) – “La memoria dei caduti diventi nuova spinta a fare luce sugli aspetti tuttora oscuri di quella drammatica stagione”. 30 anni dopo l’attentato di via D’Amelio il 19 luglio 1992, in cui furono uccisi il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddi Cosina e Claudio Traina, la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, richiama la necessità “di consegnare ai familiari delle vittime e all’intero Paese una verità piena su una delle più dolenti ferite della nostra storia. Lo dobbiamo a Paolo Borsellino che, pur consapevole dei gravi rischi che correva soprattutto dopo l’attentato a Giovanni Falcone, continuò con ancora più determinazione a portare avanti il suo altissimo servizio”.
Per la Guardasigilli, “proprio la testimonianza umana e professionale dei due magistrati – divenuti punto di riferimento per le successive generazioni di colleghi e di cittadini – ha reso la lotta alla mafia sempre più quel “movimento culturale e morale” auspicato da Borsellino”.
La ministra Cartabia ricorda infine come “la statura di Paolo Borsellino risieda anche nella sua capacità di cercare sempre l’uomo in qualunque persona: “l’uomo con la sua coscienza, i suoi perchè, i suoi errori”, come raccontava la sorella Rita. Un insegnamento – conclude Cartabia – che travalica il tempo”.
Per la Guardasigilli, “proprio la testimonianza umana e professionale dei due magistrati – divenuti punto di riferimento per le successive generazioni di colleghi e di cittadini – ha reso la lotta alla mafia sempre più quel “movimento culturale e morale” auspicato da Borsellino”.
La ministra Cartabia ricorda infine come “la statura di Paolo Borsellino risieda anche nella sua capacità di cercare sempre l’uomo in qualunque persona: “l’uomo con la sua coscienza, i suoi perchè, i suoi errori”, come raccontava la sorella Rita. Un insegnamento – conclude Cartabia – che travalica il tempo”.
– foto agenziafotogramma.it –
(ITALPRESS).
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