Udienza drammatica e a porte chiuse del processo sulla strage nella villetta di Altavilla Milicia dove morirono Antonella Salomone e i due figli Kevin ed Emanuel dopo giorni di torture.

E’ stata sentita la sorella dei fratellini scampata alla strage scoperta l’11 febbraio dello scorso anno. Durante l’udienza rispondendo alle domande del pm e degli avvocati la ragazzina, che aveva diciassette anni quando fu compiuto l’eccidio, ha avuto un piccolo malore.

“Eravamo tutti sulla collina quando abbiamo bruciato il corpo di mia mamma. Io dopo un po’ sono scesa e sono andata via”. La voce si incrina, le parole si spezzano, poi la ragazza crolla: piange, si sente male, viene interrotta l’udienza.

Il processo per la strage di Altavilla Milicia si ferma per oltre venti minuti. Davanti ai giudici della Corte d’Assise, la figlia di Giovanni Barreca, oggi maggiorenne ma diciassettenne all’epoca della strage, è la testimone chiave del massacro avvenuto a febbraio dell’anno scorso nella villetta in cui abitava con la sua famiglia. È anche imputata nel procedimento parallelo davanti al Tribunale dei Minorenni, dove è stata condannata in primo grado a 12 anni e 8 mesi per avere partecipato alle torture e agli omicidi della madre Antonella Salamone e dei fratelli Kevin ed Emanuel, di 16 e 5 anni. L’appello, già presentato dal suo avvocato Carmelo Salamone, è stato fissato per dicembre.

“Non dormivo. Potevo riposare solo pochi minuti durante il giorno, ma non riposavo davvero. Volevo scappare ma non ne avevo le forze. Era una cosa troppo potente”. Ha raccontato così l’incubo vissuto in quella casa trasformata in una trappola di preghiere ossessive, digiuni, punizioni e deliri mistici. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il massacro sarebbe stato compiuto al culmine di un rito di purificazione per la liberazione dalla presenza di fantomatici spiriti maligni, orchestrato dai due cosiddetti fratelli di Dio, Sabrina Fina e Massimo Carandente, assieme a Giovanni Barreca, il capofamiglia che si sarebbe lasciato coinvolgere fino in fondo in un incredibile e devastante spirale di fanatismo.

La moglie Antonella Salamone, che secondo gli imputati era “posseduta dal demonio”, venne isolata, sottoposta a un interrogatorio feroce e poi, dopo essere stata uccisa, il suo corpo venne dato alle fiamme. Il figlio maggiore venne soffocato con il metodo dell’incaprettamento mentre sul più piccolo venne puntato un phon acceso in gola per diversi minuti fino a farlo morire. Gli oggetti utilizzati per le torture – asciugacapelli, attizzatoio, tenaglie – furono repertati dai carabinieri del Ris di Messina che hanno trovato le tracce biologiche di Antonella, Kevin e Emmanuel assieme a quelle di Fina e Carandente.

In aula, a porte chiuse per tutelarla, l’ex minorenne è protetta da un paravento. Non incrocia mai lo sguardo del padre, né quello degli altri: Carandente resta in silenzio, Barreca immobile. Solo Fina, come ha fatto anche in passato, chiede di rendere dichiarazioni spontanee per contestare punto per punto la narrazione della diciottenne: “Non è vero, non è andata così”, ha ripetuto. Pure in precedenza era intervenuta per replicare alle parole dei genitori di Antonella Salamone, che in aula avevano descritto il rapporto della figlia con il genero.

La figlia di Barreca ha risposto alle domande, ma il suo racconto è stato frammentato, pieno di “non ricordo” e di esitazioni, anche se ha indicato Fina e Carandente come i responsabili degli omicidi. In alcuni passaggi la giovane è stata costretta a fermarsi, in certi momenti parla con lucidità, in altri ha riferito di essere stata bendata dalla coppia ma di non sapere esattamente cosa stesse accadendo dentro le stanze degli orrori. Sarebbero stati i due ex amici, chiamati per eseguire l’esorcismo, a metterle un panno sugli occhi, ma anche su questo la sua ricostruzione è rimasta incerta.

“È tutto molto nebuloso. Non si è riusciti a capire se la ragazza abbia avuto un ruolo attivo o marginale nella strage. È apparsa molto provata e confusa rispetto alle dichiarazioni rese a febbraio e marzo del 2024”, ha spiegato l’avvocato Giancarlo Barracato, difensore dell’ex imbianchino, marito e padre delle tre vittime.

L’avvocato Carmelo Salamone, che assiste la giovane, ha sottolineato la coerenza della sua posizione: “Ha sempre mantenuto una versione lineare, pur con qualche comprensibile non ricordo dovuto alla sofferenza e al passare del tempo. Avrebbe anche potuto scegliere di non rispondere, ma non lo ha fatto”.