Il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani, in occasione del 31 luglio, si unisce con profonda commozione al ricordo di Calogero La Piana, 23 anni, e dei fratelli Luigi e Giuseppe Tambè, di 24 e 21 anni, giovani vittime della brutalità mafiosa, trucidati nel 1990 e ritrovati carbonizzati in un bosco demaniale a Mazzarino, in provincia di Caltanissetta.

Quella notte non fu solo un agguato, ma un vero e proprio atto di annientamento: tre ragazzi, incensurati, puliti, lontani da logiche criminali, furono uccisi perché simboli di un’alternativa. Calogero, testimone scomodo di un omicidio, era un ragazzo onesto che il caso – o il destino – aveva messo sulla strada della verità. I fratelli Tambè, figli di un uomo scomparso anni prima per mano mafiosa, portavano avanti una piccola impresa di movimento terra, cercando con impegno e fatica di inserirsi nel mondo del lavoro in un territorio in cui l’economia era condizionata dalle cosche e dai giochi opachi dei subappalti.


La loro colpa? Avere scelto di non piegarsi. Avere provato a lavorare con dignità in una terra in cui la mafia decideva chi poteva lavorare, chi doveva tacere, chi doveva sparire. Quel rogo, acceso per cancellare ogni traccia, non è riuscito a spegnere il loro ricordo. Anzi, lo ha acceso per sempre nella coscienza collettiva.

A distanza di trentacinque anni, il CNDDU ritiene fondamentale che questi nomi e queste storie entrino a pieno titolo nel tessuto vivo della memoria civile, non come omaggi formali, ma come testimonianze attive da trasmettere nelle scuole, nei contesti educativi, nei percorsi formativi di chi domani sarà chiamato a costruire un Paese più giusto. Non basta più commemorare: bisogna educare.

La scuola, oggi più che mai, rappresenta un presidio fondamentale nella lotta contro ogni forma di cultura mafiosa. È tra i banchi che si formano coscienze, si coltiva la consapevolezza, si allenano il pensiero critico e il senso civico. Ed è lì che devono trovare spazio le storie di chi ha pagato con la vita il prezzo della coerenza, dell’onestà, della libertà. Parlare ai ragazzi di Calogero, di Luigi e Giuseppe, significa mostrare loro che la mafia non è un concetto astratto, né un fenomeno circoscritto a un luogo o a un tempo. È, purtroppo, un sistema ancora attivo, che si insinua dove trova silenzi, indifferenza, superficialità.


Sensibilizzare i giovani su questi temi non vuol dire solo riportare fatti, ma aiutarli a interrogarsi su cosa significhi oggi scegliere la legalità, assumersi responsabilità, non girarsi dall’altra parte. Significa farli sentire parte di una storia più grande, in cui anche il ricordo può diventare atto politico, seme di cambiamento, voce che si oppone al silenzio.

Non dimenticheremo mai le parole struggenti dei familiari di Calogero La Piana: “Era nostro zio, una persona onesta”. Un’affermazione semplice, ma di una potenza disarmante. È l’onestà, quel valore apparentemente normale, a risultare rivoluzionario in contesti contaminati. Ed è proprio su quella normalità spezzata che dobbiamo fondare un’educazione nuova, radicata nella realtà e capace di generare scelte consapevoli.


Il Coordinamento Docenti della Disciplina dei Diritti Umani rinnova, in questo giorno di memoria, la sua vicinanza affettuosa e rispettosa alle famiglie La Piana e Tambè. Il dolore, come ci insegnano i loro racconti, non scompare mai del tutto. Ma può trasformarsi in un ponte verso le nuove generazioni, un invito a vivere con coraggio e a difendere, con gesti quotidiani, il diritto di ogni persona a un’esistenza libera dalla paura e dalla violenza.

Ricordare Calogero, Luigi e Giuseppe non è soltanto un dovere morale: è un atto di giustizia. Ed è un impegno che la scuola, in quanto comunità educante, è chiamata a portare avanti ogni giorno.

prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU

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