Si è ucciso in carcere Stefano Argentino l’assassino di Sara Campanella la giovane di Misilmeri uccisa a Messina dal collega di università.
Argentino sì è tolto la vita, impiccandosi. Era detenuto nel carcere di Messina con l’accusa di avere ucciso la giovane Sara Campanella, il 31 marzo scorso.
Non era più in regime di alta sorveglianza ma in una cella con altri due detenuti. Era anche tornato a mangiare, dopo un periodo in cui aveva rifiutato il cibo
Oggi pomeriggio intorno alla diciassette si è allontanato dai suoi compagni, è stato trovato poco dopo da alcuni agenti della polizia penitenziaria ormai senza vita. Inutili i soccorsi.
La procura di Messina diretta da Antonio D’Amato ha aperto un’inchiesta su quando accaduto.
L’avvocato della famiglia di Sara Campanella
“E’ l’epilogo terribile di una storia terribile. Ha deciso lui le sorti di due famiglie. Per noi è un colpo molto doloroso. Non possiamo che essere addolorati in questo momento. Non ci sono parole per descrivere i sentimenti che stanno provando i familiari di Sara”. Così l’avvocata Concetta La Torre che assiste la mamma di Sara Campanella, la giovane uccisa a Messina dal collega universitario lo scorso 31 marzo.
L’avvocato di Argentino, responsabile della morte lo Stato
“È il triste, drammatico epilogo di una storia di cui si supponeva già il finale. Sara è stata uccisa, Stefano si è tolto la vita e l’unica responsabilità è da attribuire allo Stato”. Così l’avvocato Stefano Cultrera, legale del 27enne suicida in carcere a Messina dove era detenuto per il femminicidio di Sara Campanella. “Avevo chiesto una perizia psichiatrica perché avevo compreso Stefano e i suoi problemi mi ero fatto portavoce degli stessi fuori dal carcere – aggiunge l’avvocato – e il gip me l’ha negata. Avrebbe potuto salvare almeno una delle due vite, invece lo Stato dovrà sentirsi responsabile del misfatto”.
“Auspico che le due famiglie, accomunate da un immane dolore di un destino avverso – aggiunge l’avvocato – possano trovare la pace terrena in un abbraccio silenzioso di dolore, antefatto ed epilogo di un qualcosa che non sarebbe mai dovuto succedere e che avrebbe potuto essere evitato”.
Sindacato polizia penitenziaria, tragedia annunciata
“Quella di Stefano Argentino, detenuto per l’omicidio di Sara Campanella, che si è tolto la vita oggi pomeriggio nel carcere di Messina, è una tragedia annunciata. Non è purtroppo la prima volta che accade perché le prime settimane di detenzione specie per giovani che hanno commesso reati di sangue sono quelli a maggiore rischio. Del resto Argentino aveva già manifestato intenti suicidari dopo l’arresto e per questo aveva bisogno di un controllo costante”.
Lo dice il segretario del Sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo. “Con il 51esimo suicidio dall’inizio dell’anno siamo ad una media di un suicidio ogni 4 giorni e a 99 morti per “altre cause”, di cui almeno una trentina avvenute in circostanze simili al suicidio o ad atto autolesionistico. Il carcere non può diventare luogo di morte e non può rinunciare al compito di espiazione di pena. Purtroppo tutto questo accade nel silenzio di ministero e governo. L’ultima trovata del Ministro Nordio di istituire una task force per i suicidi si è rivelata un flop – aggiunge Di Giacomo – in oltre vent’anni abbiamo visto troppe task force da parte del Ministero, come questa sui suicidi, che sono solo un modo per tentare di dimostrare all’opinione pubblica di fare qualcosa. C’è poco da studiare il fenomeno. C’è da realizzare negli istituti uno sportello di assistenza psicologica e da aumentare il numero di medici, assistenti sociali”.
Era stata fissata l’udienza
Per il femminicidio di Sara Campanella era stata già fissata la prima udienza, il 10 settembre. La procura aveva contestato la premeditazione al giovane. Le indagini dei carabinieri hanno svelato che da mesi Stefano Argentino pedinava la compagna di facoltà Sara Campanella e annotava i suoi deliri sul telefonino: “Dal sognarmi a essere il tuo peggiore incubo”, scriveva nel mese di ottobre del 2024, cinque mesi prima del femminicidio avvenuto davanti allo stadio di Messina.
Sara Campanella aveva provato a resistere alle continue avance, alla tempesta di messaggi, ai pedinamenti. Il pomeriggio in cui uscì per l’ultima volta dall’università si era accorta che Argentino la seguiva. Per questo aveva mandato un messaggio alle amiche: “Il malato mi segue”. Ma le compagne di università erano ormai andate via. E a Sara Campanella non era rimasto che attivare il registratore del suo smartphone, come aveva fatto altre volte, per documentare le molestie. Ma questa volta le molestie avevano avuto il peggiore degli esiti.






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