Il 28 aprile 1984, Francesco Luppino, killer delle cosche trapanesi, uccideva a Castelvetrano, in provincia di Trapani, Vincenzo Vento, lavoratore ambulante. L’agguato mafioso era indirizzato verso l’ex sorvegliato speciale Epifanio Tummarello. Vento quindi si trovò involontariamente a chiedere un passaggio alla persona sbagliata. Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani propone di ricordarne la figura attraverso un excursus realizzato dallo studente Sergiopio Sitra della classe I sez. D del Liceo Scientifico Filolao di Crotone.

“Vincenzo Vento nacque a Castelvetrano, in Sicilia. In giovane età conobbe quello che si rivelerà essere l’amore della sua vita, Filippa Valenti, con la quale si sposò a soli venti anni. Da sempre Vincenzo sognò di metter su famiglia e di poter regalare il meglio ai propri figli. Così fece con i suoi due maschietti, Francesco e Alessandro. Il padre non fece mancare loro niente e trasmise ai suoi piccoli soprattutto la sua grande passione per il calcio, portandoli allo stadio. Vincenzo passò buona parte della sua vita a lavorare come venditore ambulante, ma la sorte decise di ripagare i suoi sforzi donandogli un’attività propria: diventò gestore di un autosalone di macchine usate e, d’estate, di un lido nei pressi di Marinella di Selinunte. Improvvisamente la moglie Filippa si ammalò, facendo così preoccupare la famiglia. Ma la positività e gli incoraggiamenti di Vincenzo riuscirono a infondere coraggio ai suoi cari. Intanto la famiglia si allargò, facendo spazio alla piccola Rosamaria. Tutto sembrava tornato alla normalità, ma quella serenità durò poco. Giorno 28 aprile 1984 Vincenzo, dopo aver accompagnato i figli a scuola, decise di sbrigare delle faccende per il suo lido estivo: trasportare materiale ingombrante; pertanto chiese in prestito al vicino di casa della suocera il suo furgone. Quello che però Vincenzo non sapeva è che la persona a cui aveva chiesto il prestito, Epifanio Tummarello, era nel mirino della mafia, essendo ex sorvegliato speciale. Mentre i due viaggiavano all’interno del furgone furono attaccati da due sicari mafiosi. Dopo che i due assassini eliminarono il loro obbiettivo, uccisero anche Vincenzo. La mafia pose fine alla vita del giovane trentaseienne Vincenzo Vento, privando la sua famiglia di un marito e un padre. Oggi i parenti lo ricordano e raccontano la sua storia in ogni posto d’Italia. Approfondendo la vicenda di Vincenzo, ho capito che le persone buone esistono e sono la maggioranza e anche se i criminali spesso prevaricano, chi ha fatto del bene rimarrà nella vita e negli affetti dei cari per sempre.”

Commovente la lettera della figlia di Enzo Vento, scritta in occasione della ricorrenza del 2015, per ricordare il suo papà, che vogliamo riproporre per il contenuto toccante e l’importanza dei valori espressi:

“I miei genitori si sono conosciuti da ragazzini e appena ventenni si sono sposati, creando una famiglia meravigliosa allietata dalla nascita dei miei fratelli e da me. Papà non ha fatto mai mancare niente alla sua famiglia, lavorando sempre onestamente.

Dopo tanti sacrifici era riuscito a creare un’attività in proprio, un autosalone di macchine usate e durante il periodo estivo gestiva il lido in località balneare Selinunte, ritrovo di tanti giovani di allora che ancora oggi ricordano Vincenzo con molto affetto. Quando non lavorava dedicava il suo tempo libero alla sua famiglia.

Amava tanto il calcio, ma non poteva esercitarlo perché da ragazzo aveva avuto un incidente con la moto ed era rimasto con un problema alla gamba destra. Questa sua passione la trasmise ai miei fratelli che portava ogni domenica allo stadio comunale a vedere la partita.

La sua giovane vita (aveva 36 anni) fu spezzata sabato mattina 28 aprile 1984, dopo avere accompagnato i miei fratelli a scuola cadeva vittima di un agguato mafioso di cui non era il destinatario, “colpevole” di essersi trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

Tutto è finito in quell’attimo, la sua vita distrutta, noi figli siamo stati privati dell’affetto e dell’amore di un papà meraviglioso e unico al mondo, nostra madre sola senza più il compagno della sua vita a crescere i suoi figli.

Abbiamo sofferto tanto, nostro padre ci manca e ci mancherà sempre, anche se siamo stati circondati dall’amore dei nostri zii, dei nonni materni e della nostra mamma che ci ha cresciuti con dei valori basati sul rispetto della legalità, lontani dal sentimento di rivalsa per quella gente che ci ha spezzato un sogno.”

Il CNDDU invita nuovamente gli studenti e i docenti ad aderire al progetto #inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità. Gli elaborati possono essere segnalati al CNDDU che li renderà visibili sui propri canali social (email: coordinamentodirittiumani@gmail.com)

Prof. Romano Pesavento

Presidente CNDDU

Questo contenuto è un comunicato stampa. Non è passato dal vaglio della redazione. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.