Il Tar Sicilia ha respinto, per carenza d’interesse, il ricorso presentato nel lontanissimo 2016 dal Comune di Agrigento che, con l’allora sindaco Lillo Firetto, si oppose alla realizzazione di un gasdotto, a servizio del rigassificatore, tra Porto Empedocle e la rete metano siciliana. Il lungo “serpente d’acciaio” avrebbe attraversato contrada Caos e anche la zona A, quella d’interesse archeologico, contro il quale in tanti si schierarono: le contestazioni riguardavano il fatto che il progetto sarebbe stato contrario al vincolo paesaggistico, idrogeologico e archeologico e storico.
Adesso il Tar ha messo la parola “fine” alla vicenda, sancendo che il gasdotto non vedrà mai la luce. Una decisione fondata non solo sul fatto che si è esaurito l’effetto del decreto che autorizzava la realizzazione dell’opera (dato che i lavori si sarebbero dovuti concludere entro il luglio del 2020), ma anche su due tappe formali dei mesi scorsi: il 26 maggio è divenuta inefficace la dichiarazione di pubblica utilità, mentre il 7 settembre è stato negato il rilascio di un’ulteriore proroga dell’autorizzazione paesaggistica, dato che appunto i lavori non sono mai partiti.
“Dato quindi che non esiste alcuna ulteriore proroga o autorizzazione per la realizzazione del progetto del metanodotto” scrive il Tar, la vicenda legale può ritenersi chiusa.
Legambiente interviene sullo stop, da parte del Tar, alla realizzazione di un gasdotto a servizio del rigassificatore di Porto Empedocle.
“Una buona notizia per la Sicilia – si legge in una nota -. L’opera non è più autorizzabile in quanto la dichiarazione di pubblica utilità è diventata inefficace, e il 7 settembre è stata respinta la richiesta di un’ulteriore proroga dell’autorizzazione paesaggistica”.
“Il rigassificatore di Porto Empedocle – dichiarano Anita Astuto, responsabile Energia e clima di Legambiente Sicilia e Daniele Gucciardo del circolo Legambiente Rabat di Agrigento – insieme a tutti gli impianti e infrastrutture per il gas fossile, è ormai anacronistico poiché continuerebbe a promuovere l’estrazione e la combustione di gas per riscaldare o generare energia elettrica. Questo ritarderebbe il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione per la nostra regione e il nostro Paese”.
Legambiente ricorda che si era già opposta all’opera, “evidenziando anche conflitti evidenti e insormontabili con i vincoli di tutela paesaggistica, idrogeologica e archeologica”.