Pace, coscienza, progresso, equilibrio. Persone che vivono in armonia tra loro, che hanno smesso di limitare i loro rapporti ai soli social network, che usano i soldi con maggiore consapevolezza e, soprattutto, che ogni anno si riuniscono per ricordare gli errori commessi nel passato per non ricascarci.

E’ questo il futuro del nostro Paese immaginato da Sabina Guzzanti. Un’idea futuristica dell’Italia che l’attrice romana sta portando in giro per i teatri italiani con lo spettacolo “Come ne venimmo fuori – proiezioni dal futuro”, prodotto da Secol Superbo e Sciocco in collaborazione con la Fondazione Sipario Toscana onlus. Lo spettacolo arriverà anche in Sicilia, il 22 gennaio al Teatro Golden di Palermo e il 23 gennaio al Metropolitan di Catania, grazie ad Agave Spettacoli.

Nel suo monologo la Guzzanti affronta il tema del sistema economico post- capitalista o neoliberista e utilizza la satira per analizzare, in una maniera mai banale, i problemi della società odierna. Ignoranza e frustrazione, ore passate davanti la televisione a guardare programmi scadenti e leader politici che si fanno la guerra a colpi di tweet.

E a pochi giorni dal debutto siciliano, Sabina Guzzanti racconta cosa c’è dietro il suo lavoro, la fatica della ricerca e l’invito a muoversi affinchè qualcosa presto cambi.

Armonia, civiltà e consapevolezza degli errori commessi. Sarà proprio così l’Italia nel 2041? Secondo lei quando comincerà a cambiare qualcosa? E come? «Il pretesto del futuro è un classico dell’umorismo. E’ un espediente per guardare il presente facendo finta di essere lontani, quindi più sereni. E’ più facile divertirsi pensando a tutti i problemi di oggi come se fossero passati. Quanto all’anno, il 2041 è una data ipotetica, potrebbe essere – magari – prima o anche dopo. Dipende da noi. Come e quando succederà lo si scopre solo vedendo lo spettacolo per cui vi invito a venire a teatro, anticipandovi solo che quando uscirete starete già molto meglio. Che vi sentirete già cambiati, allegri e positivi».

Quando sono iniziate le sue ricerche sul nostro Paese? Cosa l’ha spinta ad approfondire determinati temi? «Da quando è scoppiata la crisi siamo ossessionati da discorsi economici. E c’è qualcosa che non mi torna in questi discorsi e nelle soluzioni proposte. Sembra che non ci sia alternativa alle soluzioni proposte e la cosa non mi ha mai convinta. Quindi mi sono messa a studiare. Ho scoperto dei testi illuminanti. Mi sono emozionata trovando finalmente una quadra e trovando le parole per esprimere quello che non ero mai riuscita a dire riguardo le teorie sulla competitività, privatizzazioni, massimalizzazione del profitto eccetera. Ho lasciato sedimentare questi concetti finché ho trovato il modo di smontarli con l’umorismo ed è nato lo spettacolo».

Oggi celebriamo spesso giornate “per non dimenticare”. Quanto è importante la memoria per non commettere gli stessi errori? «Avere una prospettiva storica ci fa capire che le cose stanno così perché sono state pensate e costruite in questo modo. E ci aiuta a capire che il neoliberismo, spacciato come un sistema di regole per la salute dell’economia, sia invece un pensiero politico che si preoccupa di creare un modello di società e di essere umano. Del resto la storia dell’umanità è piena di alti e bassi e non ci troviamo alla fine della storia.

Vogliono farci pensare che non c’è altra soluzione, che il cambiamento non è possibile. Invece con il mio spettacolo faccio vedere che il cambiamento non è solo possibile ma è necessario. E si potrà tornare a vivere felici in un futuro dove il denaro tornerà a essere un mezzo e non un fine e dove gli esseri umani ritroveranno il loro potere creativo e compassionevole e dove soprattutto apparirà assurdo il nostro attuale metodo di vita, così assurdo da non avere nessuna voglia di ripeterlo».