“Siamo ogni giorno di più parlati piuttosto che parlanti”. Così il filosofo Massimo Cacciari esordisce nella sua riflessione dal titolo “Le parole che oggi tacciono: oblio del Vangelo e crisi epocale”. Un incontro che si inserisce all’interno del percorso culturale “Il grande codice: Riscritture delle Scritture bibliche nell’arco di quasi duemila anni” promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia insieme al Centro Studi Cammarata di San Cataldo. Un’aula magna gremita e profondamente in ascolto quella di giovedì pomeriggio, 30 ottobre, per il sesto incontro, anch’esso dedicato a riflessioni su come la narrazione biblica abbia da sempre ispirato artisti e pensatori. Ad introdurre la conferenza del professore Cacciari, membro dell’Accademia dei Lincei, il preside della Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia don Vito Impellizzeri e la professoressa Maria Antonietta Spinosa. Presente anche l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice. 


“Abbiamo delle parole che non dicono più, tante parole sono diventate dei flatus vocis. – prosegue Cacciari all’inizio della sua riflessione – Siamo abitati da queste parole, parliamo senza comprendere che, dette così, tacciono. Sono parole che tacciono, ma più in generale io credo che stia tacendo per noi la parola, nel senso che non ci interroghiamo più di fronte ad una parola, qualsiasi parola, sull’abisso che spalanca. Non abbiamo più curiosità, che era propria della grande tradizione umanistica vera, la grande tradizione umanistica che di fronte ad ogni parola chiedeva: ma ne capisci il senso? Ti sei interrogato sulla sua storia? Non vedi quale abisso si spalanca ogni volta che la pronunci? È il tema dell’etimologia nel senso vero. Etimo in greco non è una semplice radice linguistica, etimo vuol dire il significato ultimo di una parola. Ci manca questa curiosità etimologica che va risvegliata, la dovrebbe risvegliare la scuola, la dovrebbe risvegliare chiunque, perché altrimenti cosa accade? Accade una cosa molto semplice, che non sei tu a parlare, ma sei parlato, la lingua ti parla, la lingua diventa uno strumento, un mezzo con cui tu credi di comunicare con l’altro, ma è qualcosa di meramente funzionale. Non è così, la lingua non è così, la lingua è vita, la lingua è storia, la lingua è contraddizione”. 


Cacciari parte dunque da qui per giungere alla fine della sua riflessione all’invito alla tensione verso l’impossibile che non può non esserci, quella tensione alla divina umanità invocata nel Vangelo di Giovanni, “altrimenti rimane quella finitezza consacrata che significa egoismo, che significa non amare, che significa che tutte queste parole parlano e l’impossibile tace. Tacendo lascia spazio, luogo, soltanto alle parole che si contrappongono a quelle che sono state dette a tutti, a tutti, perché sono rivolte a tutti. E allora metanoia, credenti e non credenti, metanoia. 


Dobbiamo cambiare mente, cuore, intelletto, ragione, sentimento, per di nuovo essere quelle persone che ascoltano, che ascoltano quelle parole”. Un richiamo dunque a rifuggire dalla finitezza che svilisce l’essere umano: “Tutto è il cristianesimo fuorché un vago spiritualismo. – conclude Cacciari – Basterebbe pensare all’espressione evangelica che dice che occorre fare la verità. Come ha detto un filosofo contemporaneo, homo est brutum bestiale. Se non tieni di fronte a te una tua destinazione che ti fa amare l’impossibile, l’impossibile che sai che ti è impossibile, ma se non tieni di fronte a te questa destinazione che ti permette appunto di oltrepassare o di lottare per oltrepassare ogni egoismo, ogni invidia, ogni sentimento, guardate, è assolutamente inevitabile che l’uomo diventi un brutum bestiale”.

Il ciclo di incontri “Il grande codice: Riscritture delle Scritture bibliche nell’arco di quasi duemila anni” prosegue il 5 novembre con lo storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena Tomaso Montanari e il 20 novembre con il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione. Entrambi gli incontri si terranno alle ore 18 nell’aula magna della Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia. L’ingresso è libero.

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