L’altro giorno ho dedicato gran parte del mio tempo ad Andrea Giostra e ai suoi scritti. Ho dapprima riletto la lunga e bella intervista rilasciata a Vincenzo Fiore (su un noto giornale online calabrese, screpmagazine); poi ho letto le sue Novelle brevi di Sicilia, in ritardo, perché avevo in corso altre letture. Infine ho letto l’interessantissimo saggio sul “Femminicidio”. ( https://www.blogsicilia.it/comunicati-stampa/femminicidio-e-violenza-contro-le-donne-uno-strumento-gratuito-e-semplice-per-combatterli/963127/ ). Dall’incipit dell’intervista emerge subito la personalità poliedrica e affascinante di Andrea, che fa nascere il desiderio di conoscerlo di persona. Sull’intervista tornerò dopo.

Dalle Novelle si evince l’occhio di un osservatore molto attento e acuto, pronto a cogliere e a descrivere anche particolari inusuali, come decine di nuche multicolori durante una conferenza. Si percepisce una vena ironica, ma anche sanguigna e caustica. Ogni novella, nella sua brevità, sembra una fotografia scattata di nascosto, frutto di una improvvisa ispirazione. Compaiono così varie figure: una sensuale bigliettaia, un cinico prefetto, un gruppo di operai a lavoro sotto un sole cocente e due ragazzi arroganti che passano sull’asfalto fresco, con sprezzo del lavoro altrui. Sembra quasi che l’autore si sia appostato in un luogo appartato per cogliere scene di vita, come le frotte di turisti che sbarcano dalle navi, attratte dai mille colori e profumi della Sicilia.

Nell’ultima parte dell’intervista rilasciata a Vincenzo Fiore, Andrea Giostra sofferma il suo sguardo disincantato sulla nostra società e, in particolare, sul mondo giovanile. Ci offre una visione che definirei realistica, piuttosto che pessimistica, dei modelli educativi e quindi del futuro delle giovani generazioni. In sostanza si evince che sia i genitori sia i docenti hanno perso l’autorevolezza che avevano in tempi andati. Molti genitori sono direttamente responsabili della mancanza di rispetto dei propri figli nei confronti degli educatori e perfino delle Istituzioni. Un tempo, se un docente rimproverava un alunno o gli davano un brutto voto bene meritato, i genitori a loro volta rimproveravano il figlio e lo incitavano a far meglio. Oggi aggrediscono il docente dando per primi un pessimo esempio ai figli. Condivido quell’amara affermazione secondo cui “le istituzioni stanno zitte e il processo di decadimento culturale e civico procede irreversibile”. Indubbiamente oggi al valore della cultura è stato sostituito il valore del denaro. E ciò comporta un’inevitabile degenerazione del vivere sociale e un’inarrestabile decadenza dei costumi.

Ho molto apprezzato il ricchissimo e approfondito Saggio sul Femminicidio. Saggio di nome e di fatto. Molto interessante il punto di partenza: il Simposio di Platone, con i discorsi di Pausania e Aristofane, sui concetti di Amore e non Amore, da cui sembra evincersi che l’Amore è quello che tende al bene dell’amato, alla sua evoluzione di pari passo con la propria. Poi l’autore affronta il tema della prevenzione del fenomeno dell’abuso e della violenza sulle donne da parte del maschio affetto da Narcisismo Patologico, approfondendone gli aspetti di Prevenzione Primaria, Secondaria e Terziaria. E ovviamente si diffonde sul concetto di Narcisismo, e in particolare della sua forma patologica. Non sto qui a ripetere le argomentazioni di Andrea Giostra, lucidamente esposte nel suo saggio, volte a riconoscere il Narcisista Patologico e a sottrarsi alle sue tecniche volte a tessere una tela simile a quella del ragno, per fagocitare la preda. Vorrei ringraziare Andrea per il suo saggio e coloro che lo hanno arricchito con approfonditi commenti.

Vorrei, invece, soffermarmi brevemente su alcune frasi e sottostanti concetti che a volte sento esprimere in alcune trasmissioni come: “l’ha uccisa perché era troppo innamorato”, “era un amore malato” e che mi fu ripetuta da un tassista a Roma. Parto da lontano. Sono convinto che in ciascuno di noi esista una latente aggressività, che talvolta si esprime esclusivamente in forme verbali. Anche tra persone innamorate si creano a volte delle tensioni che sfociano in qualche battibecco. Ma la persona che ama non pensa in alcun modo di usare forme di violenza fisica, perché è proprio l’amore a impedirne, prima ancora che l’azione, di formularne il pensiero. Sicché colui che ama non potrà mai uccidere la persona amata. Nell’ipotesi più estrema, qualora sia abbandonato dall’amata, l’aggressività latente non si proietterà sulla donna amata, ma su se stesso: ossia si suiciderà. Anche questo gesto è una manifestazione di aggressività indiretta verso l’altro: vuol dire “ora dovrai portare il rimorso del mio gesto per tutta la vita”, “ti sentirai responsabile della mia morte e ne soffrirai”. Perciò a chi dice che “l’ha uccisa per troppo amore”, rispondo: l’ha uccisa perché non l’amava e non l’aveva mai amata. Amava solo se stesso.

Mario Bresciano

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