Il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani intende ricordare oggi, 10 settembre, Luigi Aiavolasit, vittima innocente di Cosa Nostra, ucciso a Palermo nel 1986 all’età di 22 anni. La sua morte rappresenta non solo una tragica perdita individuale, ma anche un esempio emblematico delle gravi violazioni dei diritti fondamentali perpetrate dalle organizzazioni mafiose. Luigi fu eliminato extragiudizialmente in quanto sospettato di attività marginali e di disturbo alla “piazza” di San Giuseppe Jato, un gesto che rivela come la criminalità organizzata abbia sistematicamente utilizzato la violenza per controllare territori, persone e comunità, senza alcuna considerazione della legge e della dignità umana.


Il CNDDU sottolinea che ricordare Luigi significa anche leggere con attenzione il contesto storico, sociale e giuridico di quegli anni. La Sicilia degli anni Ottanta era segnata da un tessuto di fragilità giovanile, diffusione della droga e pressioni mafiose che mettevano a rischio vite fragili e facilmente emarginate. Le dichiarazioni di pentiti e le indagini giudiziarie hanno documentato con chiarezza come la mafia operasse senza criteri di giustizia, con omicidi spesso motivati da sospetti, vendette personali o semplicemente dalla volontà di mantenere il controllo sul territorio. Ogni storia, come quella di Luigi, diventa così strumento per comprendere l’interazione tra criminalità organizzata, fragilità sociale e violazione sistematica dei diritti sanciti dalla Costituzione.


La scuola, in questo quadro, assume un ruolo imprescindibile e multidimensionale. Non si tratta solo di trasmettere conoscenze storiche o giuridiche, ma di formare cittadini consapevoli del valore della legalità, della responsabilità personale e della solidarietà civile. Attraverso l’inserimento di percorsi di educazione alla legalità, di riflessione critica sui diritti umani e sull’etica della responsabilità, gli insegnanti possono guidare le nuove generazioni a comprendere come fenomeni complessi come la mafia non siano solo cronaca nera, ma anche materia di educazione civica, di confronto con la giustizia e di prevenzione culturale.


Ricordare Luigi Aiavolasit significa quindi garantire il diritto alla memoria, come previsto dalle norme che istituiscono giornate dedicate alle vittime delle mafie, ma significa anche concretizzare il principio pedagogico secondo cui conoscere la storia e le violazioni passate aiuta a costruire comunità più consapevoli e partecipi. La memoria diventa così uno strumento di prevenzione, perché permette di leggere le dinamiche sociali e criminali, di riconoscere i segnali di fragilità e di sviluppare la capacità di reagire alle ingiustizie senza rassegnazione.

Come ha scritto il nipote di Luigi, Francesco Francaviglia: “Per anni mi sono chiesto perché avessero ucciso mio zio… il ricordo e la memoria sono storia di tutti i giorni”. Il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani sostiene che questa memoria non appartiene solo ai familiari delle vittime, ma a tutta la società civile. In questo senso, la scuola non è un luogo isolato, ma un laboratorio di cittadinanza, dove la storia di Luigi e di tanti altri giovani vittime innocenti diventa occasione per riflettere sul valore della vita, della legalità e della responsabilità condivisa.

prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU

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