Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani accoglie con attenzione e interesse l’annuncio dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza relativo alla creazione di spazi di “disconnessione digitale” per i minori, un’iniziativa che nasce dall’urgenza di contrastare l’isolamento, il cyberbullismo e le fragilità educative e familiari sempre più diffuse, soprattutto in Sicilia.
I dati riportati parlano chiaro: sette ragazzi siciliani su dieci non si disconnettono mai, mentre l’uso dello smartphone cresce in modo preoccupante anche tra i più piccoli. In questo contesto, luoghi liberi da dispositivi possono rappresentare un’occasione preziosa per riscoprire la socialità autentica e il valore della comunità.
Tuttavia, come CNDDU, sentiamo il dovere di sottolineare un aspetto decisivo: non basta creare zone “franche” dal digitale se non si accompagna questa iniziativa con un serio percorso educativo, capace di sviluppare nei giovani competenze critiche, consapevolezza etica e responsabilità nell’uso delle tecnologie. Il rischio, altrimenti, è quello di costruire spazi artificiali e temporanei, che non incidano davvero sulle abitudini quotidiane dei ragazzi.
Il paradosso è evidente: in Sicilia l’iperconnessione convive con una drammatica povertà di competenze digitali. Più del 50% dei minori non è in grado di orientarsi in modo consapevole sul web. Questo divario non può essere colmato semplicemente con il “silenzio tecnologico”, ma con un patto educativo che coinvolga scuola, famiglie, istituzioni e società civile.
Il CNDDU richiama inoltre l’attenzione su due elementi cruciali messi in luce dal Garante:
– La solitudine delle famiglie, sempre più fragili e prive di reti di sostegno, che si riflette inevitabilmente nei percorsi di crescita dei figli.
– Il rischio di eccessive medicalizzazioni, con la tendenza a trasformare disagi temporanei in diagnosi permanenti: un approccio che finisce per etichettare i giovani invece di accompagnarli con cura e pazienza.
Gli spazi di disconnessione potranno avere senso solo se concepiti non come “ghetti digitali” ma come laboratori di umanità, dove i ragazzi possano sperimentare nuove forme di convivenza, di espressione creativa e di responsabilità condivisa.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ribadisce quindi la necessità di:
– Rafforzare i percorsi scolastici di educazione digitale, civica ed emotiva, affinché i minori imparino a gestire in autonomia i rischi e le opportunità del web.
– Costruire alleanze educative tra scuola e famiglie, per affrontare insieme le sfide poste dalla rivoluzione tecnologica.
– Promuovere spazi non solo di disconnessione, ma anche di riconnessione sociale, capaci di ricostruire fiducia, solidarietà e legami comunitari.
Se è vero che i ragazzi chiedono luoghi “sicuri”, è altrettanto vero che la sicurezza più autentica nasce da relazioni significative, da adulti capaci di ascoltare e da comunità che si assumono collettivamente la responsabilità di crescere i propri figli.
In questa prospettiva, il progetto del Garante può diventare un punto di partenza, ma solo se sarà inserito in una visione più ampia: non un muro che esclude il digitale, ma un ponte che educa a viverlo con libertà, intelligenza e responsabilità.
prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU
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