Enna

Pizzo sui lavori per la messa in posa della fibra ottica, 6 arresti fra Catania ed Enna

Imponevano il pagamento del pizzo a un imprenditore che sta effettuando i lavori di posa della fibra ottica. La squadra mobile di Enna, in collaborazione con quella di Catania, ha arrestato sei persone nell’ambito dell’operazione denominata Capolinea.

In manette sono finiti esponenti della famiglia mafiosa di Enna e dei clan catanesi Santapaola-Ercolano e Cappello-Bonaccorsi, che avrebbero imposto il pagamento del pizzo a un imprenditore ennese che svolgeva lavori nel Siracusano e Catanese e in alcuni quartieri del capoluogo etneo.

Sarebbero stati i referenti della mafia catanese, in accordo con un esponente della famiglia di Enna, a convincere l’imprenditore a sottostare all’estorsione e non sporgere alcuna denuncia. L’estorsione sarebbe proseguita se non fosse stata bloccata dall’arresto degli indagati che avevano già prospettato azioni violente qualora la vittima dell’estorsione non avesse pagato.

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L’ordinanza d’arresto è stata emessa dal Gip di Caltanissetta, su richiesta del pm Roberto Condorelli, titolare dell’indagine, della Procura distrettuale antimafia nissena.

Gliarrestati sono Calogero Giuseppe Balsamo, detto “Pippo Balsamo”, 68 anni di Catania; Salvatore La Delia, 67 anni, di Enna; Eduardo Mazza, 46 anni, di Enna, Antonio Salvatore Medda, 44 anni, nato ad Enna, residente a Catania; Angelo Tomaselli, 52 anni, di Catania; Antonio Privitelli, 34 anni, nato a Caltagirone, residente a Nicolosi.

Secondo gli inquirenti l’interesse di Cosa nostra ennese è tuttora rivolto alle estorsioni. L’anello di congiunzione tra le famiglie di Enna e Catania sarebbe stato proprio l’ennese La Delia, già condannato per mafia, che assunto, dall’imprenditore vittima, avrebbe permesso a quest’ultimo di effettuare lavori in alcune zone del catanese e del siracusano governati dai clan “Santapaola-Ercolano” e quello dei “Cappello-Bonaccorsi”. Sarebbe stato sempre La Delia, al quale l’imprenditore si rivolgeva per qualsiasi problema che avveniva nei cantieri, a consigliargli di “mettersi a posto” pagando il pizzo che andava da 600 a 8 mila euro.

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