Cani incrociati con i lupi nelle case degli italiani. Un rischio, sottolinea il Servizio CITES di Roma del Comando Unità Tutela Forestale Ambientale ed Agroalimentare Carabinieri (CUTFAA) anche in termini di sicurezza per le persone.

In tutto sono stati eseguiti ben 229 sequestri di ibridi tra cane e lupo selvatico. Gli interventi sono avvenuti in tutta Italia ed hanno interessato 54 province.

Un’indagine lunga e complessa durata tre anni e coordinata dalla Procura presso il Tribunale di Modena che ha focalizzato l’attenzione sull’ipotesi di traffico illegale di lupi selvatici usati per incrociare il Cane da Lupo Cecoslovacco (CLC), ossia una razza di cane. Il tutto, spiegano i Carabinieri – Forestali, in violazione delle norme sulla detenzione e commercio di specie selvatiche tutelate dalla Convenzione di Washington (CITES).

A quanto sembra i pedigree attestavano la purezza ed il pregio; la realtà, però, sarebbe stata un’altra. Oltre 200 i proprietari che si pensa siano stati truffati, acquistando a caro prezzo i cani e pagandoli fino a 5.000 euro per singolo animale. Nove, invece, gli allevamenti attenzionati, a carico dei quali sono state emesse le misure di sequestro.

I presunti incroci sono stati tutti affidati ai proprietari, essendo stati acquistati da cuccioli e legati ormai agli attuali detentori da un forte legame di affezione. Le stesse persone sarebbero risultate ignare di quanto successo.

L’ipotesi investigativa si basa sull’utilizzo di lupi selvatici prelevati  Carpazi, paesi scandinavi e Nord America.  Animali appartenente a specie tutelata dalla normativa nazionale sul prelievo venatorio e da quella internazionale sul commercio di specie in via di estinzione. Questi lupi sarebbero poi stati fatti incrociare con cani da Lupo Cecoslovacco al fine di ottenere un patrimonio genetico nuovo e capace di dare origine a esemplari di grande bellezza e più resistenti a disfunzioni e malformazioni ossee. Il tutto in violazione dei disciplinari stabiliti dall’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana). In tal maniera, sottolineano sempre gli inquirenti, si sarebbero ottenuti animali più simili al lupo selvatico e, pertanto, più apprezzati nel circuito dei concorsi di selezione canina e dagli amatori. Questi ultimi, pagando cifre elevate, ottenevano animali con maggiore somiglianza alla specie selvatica e più spiccato atteggiamento “lupino”.

L’attività sarebbe stata resa possibil dichiarando il falso nelle certificazioni ufficiali ENCI e truffando gli ignari acquirenti i quali, in aggiunta al raggiro, si sono trovati spesso in casa animali dalle potenziali caratteristiche aggressive.

L’indagine è iniziata nel 2013, dopo una complessa attività di intelligence nel settore della cinofilia, con il sequestro di 42 ibridi di lupo, cui seguì l’incriminazione di 9 soggetti per i reati di falso ideologico, importazione e detenzione illegale di specie tutelata dalla CITES, con 2 condanne definitive. L’attività in passato si è concentrata su un importante allevamento emiliano di cani da Lupo Cecoslovacco da cui generazioni di cani ibridati si sono diffuse in tutta Italia e all’estero, contaminando geneticamente tutta la filiera della razza canina CLC.

Fondamentale è stato l’utilizzo di tecniche di identificazione genetica approntate dall’ISPRA (ex Istituto Nazionale Fauna Selvatica), la preziosa collaborazione dell’ENCI, l’intervento di veterinari e zoologi qualificati e del personale dei Carabinieri del ruolo forestale, esperto in materia CITES. In Italia è proibito l’accoppiamento di animali domestici con quelli selvatici ed è vietato detenere lupi fino alla quarta generazione in assenza delle prescritte autorizzazioni poiché considerati specie protetta dalla CITES (Appendice I). A ciò si aggiunge il danno causato dal potenziale inquinamento genetico delle popolazioni di lupo selvatico italiano per la diffusione accidentale di alcuni di questi cani incrociati.

Le pene per le condotte contestate sono quelle stabilite dalla normativa CITES (arresto e ammenda) e dal Codice Penale per il reato di falso ideologico e frode in commercio.

Ulteriori misure potranno essere intraprese dall’ENCI e dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali che detiene i registri ufficiali ENCI.

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