Un caso che ha provocato molte polemiche raccolte, tra l’altro, dalla nota trasmissione televisiva “Le Iene”.

Si tratta del cane “Angelo” il cui video con le sevizie subite nei pressi di Sangineto (CS) venne poi diffuso nei social network diventando uno dei casi più noti all’opinione pubblica. La stessa trasmissione di Italia 1 dovette tornare in Calabria per sentire chi, proprio in quel paese, condannava quanto successo chiedendo altresì la fine della gogna mediatica scatenata da numerosi utenti della rete. Al bando, infatti, non furono messi solo i quattro ragazzi che si vedevano nel video ma anche l’intera comunità.

Quattro persone vennero individuate dai Carabinieri sebbene, anche alla luce di quanto dichiarato da due di loro nel corso del servizio de “le Iene”, le posizioni, almeno in parte, potrebbero cambiare. In molti, nelle polemiche che si scatenarono, chiesero il carcere, forse male interpretando quel termine (reclusione) che compare nella legge 189/04 che dovrebbe proteggere gli animali ma che in realtà non porta in carcere nessuno (le pene previste sono di molto al di sotto di quelle necessarie per una seppur minima privazione della libertà personale).

A che punto è il processo? A chiarire come stanno le cose è una nota dell’avvocato Patrizia d’Elia Palmieri resa nota dall’UGDA. Si tratta dell’associazione impegnata in campo nazionale nella protezione degli animali e la cui costituzione di parte civile è stata anche in un recente processo in tema di combattimenti tra cani, concluso da poco a Palermo. Innanzi tutto, precisa l’avvocato, sono infondate le notizie che danno la vicenda archiviata. Il processo, però, non risulta ancora fissato sebbene questo non è dipeso dal cambio del Pubblico Ministero dovuto, in realtà, ad un cambio di sede.

Dunque rischio archiviazione? Forse no, almeno nei primi gradi di giudizio, ma un problema che potrebbe frapporsi lungo la strada per giungere ad una ipotesi di condanna più severa, potrebbe essere quello dei riti alternativi come il patteggiamento e l’abbreviato. Finora in Italia i casi più gravi arrivati a condanna riportano una multa di circa 10.000 euro. La multa è la sanzione pecuniaria dei reati-delitti.