Si è spento nella notte fra venerdì e sabato  l’ex pugile professionista, categoria pesi massimi, tre volte campione del mondo, Cassius Clay, meglio conosciuto dai più con il nome di Muhamed Alì che assunse dopo aver deciso di convertirsi alla religione islamica.

Alì aveva 74 anni, ed è venuto a mancare a causa di problemi respiratori aggravati dal morbo di parkinson. Era ricoverato dal 9 Aprile, verrà tumulato mercoledì 8 giugno con una cerimonia privata e giovedì si svolgeranno i funerali alla memoria nella città di Lousveille, nel Kentacky, dove era nato come Cassius Clay, il 17 gennaio del 1942.

Migliaia i cordogli da parte di tutto il mondo sportivo ed istituzionale, ai quali si legano quelli di tutte le A.S.D. (Società sportive) della città di Palermo. Tra i  principali riportiamo quelli del presidente Barac Obama, “Il mondo è migliore grazie anche a lui” e quello di Myke Tyson, “Dio si è preso il campione”.

Re della boxe e dei diritti civili, pungente sul ring ed anche nella vita, cominciò ben presto a raccogliere trionfi nelle categorie dilettantistiche. Campione olimpico a Roma nel 1960, si trovò però nel suo paese d’origine, gli Stati Uniti d’America, a combattere con un avversario ben più temibile di chiunque potesse incontrare sul ring: la segregazione razziale. Molto sensibile al problema e trascinato dal suo spirito battagliero ed indomabile, Alì prese subito a cuore i problemi che circondavano la vita dei fratelli neri meno fortunati di lui.

Proprio a causa di un episodio di razzismo il giovane pugile arriverà, in segno di protesta, a gettare il proprio oro olimpico nelle acque del fiume Ohio (solo nel 1996 ad Atlanta il CIO – Comitato Olimpico Internazionale – gli riconsegnò una medaglia sostitutiva).

Tornando alla carriera di pugile Muhammad Ali arrivò al mondiale a ventidue anni battendo in sette riprese Sonny Liston nel 1964.

Immediatamente dopo aver conquistato la corona, Cassius Clay annunciò di essersi convertito all’Islam e di aver assunto il nome di Muhammad Ali.

Da quell’istante cominciarono anche i suoi guai che culminarono nella chiamata alle armi nel 1966 dopo essere stato riformato quattro anni prima. Affermando di essere un “ministro della religione islamica” si definì “obiettore di coscienza” rifiutandosi di partire per il Vietnam (“Nessun Vietcong mi ha mai chiamato negro”, dichiarò alla stampa per giustificare la propria decisione) e venne condannato da una giuria composta di soli bianchi a cinque anni di reclusione.

Poté tornare a combattere nel 1971 quando fu riabilitato grazie a una irregolarità nelle indagini svolte su di lui

Persa la sfida con Joe Frazier ai punti, riuscì a tornare campione del mondo AMB solo nel 1974 mettendo al tappeto George Foreman a Kinshasa, in un incontro passato alla storia e ad oggi ricordato sui manuali come uno dei più grandi eventi sportivi di sempre (celebrato fedelmente, dal film-documentario “Quando eravamo re”).

Da quando però nel 1978 il giovane Larry Holmes lo sconfisse per K.O. tecnico all’undicesima ripresa, iniziò la parabola discendente di Muhammad Ali. Disputò il suo ultimo incontro nel 1981 e da allora iniziò a impegnarsi sempre più nella diffusione dell’Islam e nella ricerca della pace.

Nel 1991 Muhammad Ali si recò a Bagdad per parlare personalmente con Saddam Hussein, allo scopo di evitare la guerra con gli Stati Uniti ormai alle porte.

Nel 1999 la città di Comiso in Sicilia gli conferì la cittadinanza onoraria  ricordando le sue battaglie per il disarmo e contro le basi missilistiche condotte anche con riferimenti specifici alla base Usa di Comiso che ospitava proprio missili a testata nucleare rivolti al medio oriente

Colpito dal terribile morbo di Parkinson che lo accompagnò per anni, Muhammad Ali ha commosso l’opinione pubblica di tutto il mondo, turbata dal violento contrasto esistente fra le immagini esuberanti e piene di vita di un tempo e l’uomo sofferente e privato delle sue forze che si presentava ora al mondo.

Alle Olimpiadi americane di Atlanta 1996, Muhammad Ali sorprese e allo stesso tempo commosse il mondo intero accendendo la fiamma olimpica che inaugurava i giochi: le immagini mostrarono ancora una volta gli evidenti segni dei tremori dovuti alla sua malattia.

Il grande atleta, dotato di una forza di volontà e di un carattere d’acciaio, non si fece moralmente sconfiggere dalla malattia che lo accompagnò per trent’anni e continuò a combattere le sue battaglie di pace, in difesa dei diritti civili, rimanendo sempre e comunque un simbolo per la popolazione di colore americana.

Muhammad Ali si è spento il 3 giugno 2016 a Phoenix, all’età di 74 anni, ricoverato in ospedale a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni.