Un giovane di 19 anni trovato morto a Perugia, un 18enne agli arresti domiciliari accusato di averlo spinto al suicidio via chat Telegram e un secondo indagato per la vendita di oppiacei: una vicenda drammatica che solleva interrogativi sul lato oscuro della rete.

Il 29 gennaio scorso un monolocale in via del Prospetto, nel centro storico di Perugia, diventa teatro di una scoperta agghiacciante. Andrea Prospero, 19enne originario di Lanciano (Chieti) e studente di Informatica all’Università degli Studi di Perugia, viene trovato senza vita.

Sul suo corpo nessun segno di violenza, ma accanto a lui blister vuoti di oppiacei, un pc portatile, cinque telefoni cellulari e ben 46 sim-card. La stanza è in ordine, quasi surreale nella sua quiete, ma gli oggetti rinvenuti raccontano una storia ben più complessa di quella che appare a prima vista. La sorella gemella Anna, con cui condivideva la vita da fuorisede nella città umbra, aveva denunciato la sua scomparsa cinque giorni prima, il 24 gennaio, dopo che Andrea non si era presentato a un appuntamento con lei. Quel giorno, uscito dall’ostello dove alloggiava intorno alle 10:30, il giovane aveva fatto perdere le sue tracce, fino al drammatico ritrovamento.

Un’indagine che scava nel mondo virtuale

La Procura di Perugia, guidata dal procuratore capo Raffaele Cantone, non si è fermata alle apparenze. L’assenza di ferite e la presenza di farmaci hanno inizialmente suggerito un suicidio, ma alcuni dettagli hanno subito destato sospetti: perché un ragazzo descritto dai familiari come “tranquillo” e “senza particolari problemi” aveva affittato un appartamento segreto, sconosciuto persino alla sorella? E cosa significavano quei numerosi dispositivi e sim-card?

Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica (C.O.S.C.) della Polizia Postale Umbria, si sono concentrate sul mondo digitale, un universo parallelo in cui Andrea sembrava condurre una doppia vita. “Si è trattato di un’indagine molto complessa”, ha dichiarato Cantone in conferenza, “tutta fatta utilizzando i dati presenti sui cellulari e gli apparati informatici”. Grazie a un lavoro certosino, gli investigatori sono riusciti a sbloccare i dispositivi protetti da password, aprendo una finestra su una realtà inquietante.

La chat drammatica

Dall’analisi delle chat su Telegram, emerge una verità sconvolgente. Andrea, riservato e attento alla propria privacy, aveva intrecciato un rapporto confidenziale con un interlocutore virtuale, un 18enne residente nella provincia di Roma. A lui aveva confidato “ansie e insofferenze” legate alla vita universitaria, fino a manifestare l’intenzione di togliersi la vita.

Lungi dall’allarmarsi o dissuaderlo, il giovane romano lo avrebbe “più volte incitato e incoraggiato” a compiere il gesto estremo. “C’è una chat Telegram particolarmente drammatica agli atti dell’indagine”, ha spiegato Cantone. “È quella con la quale Prospero scambia messaggi con l’indagato nei momenti immediatamente precedenti l’assunzione dei farmaci”. In quei dialoghi, emergono dettagli agghiaccianti: quando Andrea esprime titubanza, confessando di non avere il coraggio di andare avanti, il suo “amico” virtuale lo sprona, suggerendogli di ingerire gli oppiacei con del vino o, in alternativa, di usare una corda – un oggetto poi rinvenuto nella stanza, anche se non utilizzato. E quando Andrea, dopo aver assunto i farmaci, smette di rispondere, l’interlocutore non chiama i soccorsi. Al contrario, a un terzo utente che si inserisce nella chat risponde con un freddo: “Stai parlando con un morto”.

Un 18enne agli arresti e un trafficante di farmaci

Oggo la svolta: la Polizia di Stato esegue un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti del 18enne romano, accusato di “istigazione o aiuto al suicidio”. Identificato grazie all’indirizzo IP e ai nickname usati su Telegram, il giovane – incensurato e proveniente da un contesto familiare “assolutamente normale” – è stato perquisito: sequestrati tre cellulari, ora al vaglio degli inquirenti.

Ma l’indagine non si ferma qui. Un secondo indagato, un coetaneo residente in Campania, è accusato di aver venduto gli oppiacei letali ad Andrea. “Stamani è stata eseguita una perquisizione in Campania nei confronti di un giovane che riteniamo essere colui che ha venduto il medicinale”, ha precisato Cantone. Nella sua abitazione, gli investigatori hanno trovato oltre 10.000 euro in contanti, segno di un lucroso giro di traffico illecito. “Non risponde dello stesso reato”, ha aggiunto il procuratore, “perché non era in grado di conoscere la ragione per la quale Prospero lo ha utilizzato”. L’autopsia ha confermato che la morte è stata causata da un mix di benzodiazepine e ossicodone, sostanze che hanno depresso il sistema respiratorio e cardiovascolare fino al collasso.

Il dolore della famiglia

Per la famiglia Prospero, la tragedia è un colpo devastante. Michele Prospero, padre di Andrea, non ha mai creduto alla tesi del suicidio volontario. “Sinceramente, ho ancora dei dubbi che lo abbia fatto o volontariamente o aiutato da qualcuno. Io sono sempre del parere che si tratti di omicidio”, ha dichiarato in un’intervista al Tgr Abruzzo. “Andiamo avanti, lasciamo la Procura lavorare tranquillamente, sicuramente ci saranno sviluppi”. La sorella Anna, legata ad Andrea da un’intesa speciale, vive un “dolore indicibile e inenarrabile”, come ha sottolineato l’avvocato Carlo Pacelli, legale della famiglia insieme a Francesco Mangano. Eppure, tra le lacrime, emerge un barlume di speranza: “Finalmente si incomincia ad avere giustizia per Andrea”, ha commentato Michele dopo l’arresto. La famiglia, sostenuta da una comunità che li descrive come “educati” e “rispettabili”, chiede verità, qualunque essa sia.

Un abisso digitale che inganna i giovani

La vicenda di Andrea Prospero solleva interrogativi inquietanti sul lato oscuro della rete. “La cosa preoccupante è quanto sia semplice procurarsi sul web oppiacei e farmaci particolarmente pericolosi”, ha denunciato Cantone, sottolineando il pericolo di un mondo virtuale che può trasformarsi in una trappola mortale.

L’indagine è solo all’inizio: restano da chiarire le ragioni di quei cinque cellulari e 46 sim-card, indizi di una vita parallela che Andrea potrebbe aver condotto, forse legata a giri di hackeraggio o attività illecite online.

“Questo è il primo tassello”, ha concluso il procuratore. “Dobbiamo comprendere tutta una serie di questioni che riguardano la presenza delle sim e di più cellulari, e soprattutto perché c’era l’utilizzo di questo appartamento da parte di un ragazzo che non sembrava averne ragioni”.