Un Riccio abbruciato, ovvero rimasto vittima di una tecnica colturale che, qualora svolta in maniera frettolosa, può arrecare danni di tal genere.

Per abbruciamento, infatti, viene intesa un’ operazione agricola con la quale si bruciano i residui vegetali che vengono poi sparsi nel terreno.

In provincia di Siena a farne le spese, sono stati i Ricci, piccoli mammiferi insettivori protetti dalla legge. Un animale, già nel passato, era stato recuperato senza più un arto posteriore e  gli aculei bruciati. Pochi giorni addietro, invece, un secondo animale con la parte superiore del corpo in buona parte bruciata. Una situazione meno grave della precedente, ma comunque seria.

Ad occuparsi del recupero è stata l’associazione SOS Animali Onlus attiva nelle province di Arezzo, Siena e Grosseto. Portato subito da un Veterinario si trova ora presso il Centro di Recupero di Semproniano (GR).

Purtroppo diverse pratiche agricole, se non sono correttamente eseguite, possono incidere in maniera negativa sullo stato di salute della fauna selvatica. Un altro incubo, non solo per i ricci ma anche per i giovani ungulati ed alcuni uccelli rapaci, è rappresentato dall’uso della mietitrebbiatrice. Animali, sia selvatici che domestici, sono stati infatti trovati in più parti del nostro paese, orrendamente mutilati. Basterebbe, invece, un preliminare monitoraggio del terreno ed una volta individuata la piccola aerea ove si trova l’animale, evitare di sfalciare.

Peraltro, nel caso delle abbruciature, i pareri sulla loro utilità non sono concordi. In più occasioni gli ambientalisti hanno sottolineato come l’uso del fuoco, oltre che a produrre CO2 , priva il terreno dell’humus che poteva derivare proprio da quei residui. In uno di questi cumuli, poi dato alle fiamme, si era andato a rifugiare il Riccio.

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