Giovani cinghiali catturati con le gabbie trappola in provincia di Savona e poi uccisi. Secondo l’ENPA sarebbero stati “colpevoli” di essersi avvicinati alle case. Dunque, secondo legge regionale, sono intervenuti gli agenti venatori.

Secondo la Protezione Animali, però, la caccia e l’uccisione di cinghiali, daini e caprioli non porterebbe alla riduzione delle specie perché i cacciatori non sono in grado di contenere il numero di animali per limitare i danni alle coltivazioni. Questo perchè, studi alla mano, se in un territorio vengono uccisi molti animali mediante la caccia, i sopravvissuti hanno un migliore apporto nutritivo, si rinforzano e si riproducono più presto e con maggior numero di discendenti. Sempre secondo gli studi ripresi dall’ENPA attraverso la caccia le specie animali che sono già rare diventerebbero ancora più rare e quelle che sono numerose ancora più numerose.

Cosa fare, allora, nel caso talune specie animali si dovessero avvicinare alla città? Nel rispetto dello studio preventivo di metodi ecologici previsti proprio dalla legge sulla caccia prima di sparargli, bisognerebbe provare a riportarli in boschi di castagne e querce lontani da cascine e coltivazioni, possibilmente con inserimento di microchip per verificare se, come è logico ritenere, il trauma della cattura li abbia convinti a tenersi lontani dall’abitato.

Enpa spera inoltre che gli agenti venatori regionali si rifiutino di partecipare alle fucilazioni, proprio nel rispetto dello spirito delle leggi vigenti sia sulla caccia che sul maltrattamento di animali, esprimendo così una lodevole e comprensibile “obiezione di coscienza”.

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