Il 2022 è stato l’anno nero per le leggi della Regione siciliana. Lo Stato ne ha impugnato ben il 64%. Per l’esattezza ne sono state impugnate 9 su 14 leggi varate. Un record negativo che ha portato il contenzioso fra stato e regione a livelli con precedenti quasi inesistenti, almeno per numeri assoluti.
Il dato emerge dal report del Commissario dello Stato per la Regione siciliana che dalla riforma non ha più il potere di proporre l’impugnativa al Consiglio dei Ministri ma resta lo strumento consultivo del governo in questo settore oltre che svolgere diversi altri compiti.
Lo stop alle impugnative con l’arrivo di Schifani
Con l’arrivo del governo Schifani e della maggioranza che lo sostiene si era assistito ad uno top di questa impugnativa sequenziale. nel 2023 era stata impugnata una sola legge anche se la produzione normativa per primo anno intero di questa legislatura (era iniziata quando il 2022 volgeva alla fine) si era fermata a 9 leggi. Il 2023 ha segnato impugnative pari all’11%. un trend in fortissima discesa che porta il dato quasi al minimo storico anche per effetto della capacità di mediazione fra Stato e Regione.
Riprendono le impugnative nel 2024
Nel 2024 si assiste, però, ad una ripresa del trend di impugnative anche se contenute entro livelli “ordinari”. Sono 5 le norme sulla quali lo Stato ha presentato reclamo per presunta violazione della Costituzione davanti alla competente Corte Costituzionale. Le impugnative, però, riguardano quasi sempre aspetti marginali.
La percentuale sale dall’ 11% al 20% ma la produzione normativa è oltre una volta e mezza quello dell’anno precedente: 25 le leggi approvate nel 2024 contro le 9 del 2023. Il 20%, inoltre, riporta le impugnative al 2018 quando erano state in tutto 4 le leggi contestate su 20. La crescita era iniziata proprio nel 2018 e mostra il 35% di leggi impugnate nel 2019, una flessione nel 2020 con il 29% di impugnative e poi schizza nel 2021 con il 52% prima di arrivare, come detto, al record negativo del 64% nel 2022.
Le norme impugnate nel 2024
Le impugnative del 2024 hanno riguardato 3 articoli della legge di stabilità varata il 16 gennaio e impugnata l’11 marzo; 6 articoli delle variazioni di bilancio del 3 febbraio impugnate il 26 marzo; la legge sulle cave del 2 aprile impugnata il 4 giugno; parti della legge sull’urbanistica e della legge sulle variazioni di bilancio del 18 novembre impugnate a il 14 gennaio di quest’anno.
Fra gli articoli di leggi che portano altri “nomi” ci sono anche provvedimenti che hanno avuto una ricaduta importante come lo stop alla norma che rinviava le elezioni di secondo livello nelle ex province.
Nei primi due casi c’è già un pronunciamento della Corte di Cassazione che da ragione allo Stato, per le altre si aspetta che la Suprema Corte si pronunci.
Il 2025, l’anno in corso
Nel 2025, oltre alle due impugnative deliberate a gennaio su leggi regionali approvate lo scorso anno, si prepara già una impugnativa che riguarda la legge finanziaria e stavolta nel mirino c’è la nuova forma della tabella H, quella nome definita dalla stampa “mancette” che ha permesso a questa maggioranza di andare spedita con le leggi finanziarie, assegnando a ciascuno deputato un tesoretto da spendere nel proprio territorio attraverso una pioggia di piccole norme che rilasciano contributi per un totale di circa 50 milioni di euro. E si questo adesso il Ministero chiede chiarimenti






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