Il Tar di Palermo ha dato ragione alla ditta ricorrente difesa dagli avvocati Giuseppe Ribaudo e Francesco Carità, accogliendo il suo ricorso e annullando il “piano cave”.
L’area di Cava della ditta ricorrente infatti era stata inserita come mera area di completamento, invece che come area di attività estrattiva di primo o di secondo livello, per cui al termine dell’autorizzazione non avrebbe più potuto ottenere alcun rinnovo della licenza.
Ciò perché l’Assessorato aveva stabilito che tutte le cave ricadenti in aree con valenza ambientale (zone SIC, ZPS e IBA), su cui insistono attività estrattive non di pregio, andavano classificate automaticamente come aree di completamento, senza l’attivazione di alcuno specifico studio di incidenza, così come previsto dalla normativa primaria che regola la gestione di tali aree.
Il Tar di Palermo ha quindi deciso tale scelta è illegittima in violazione sia delle legislazione nazionale che di derivazione comunitaria.
Difatti specifica il Tar che deve essere effettuata “una ponderazione in concreto dei contrapposti interessi pubblici e privati (da un lato quello paesistico-ambientale, dall’altro quello lavorativo- imprenditoriale)” che nel caso di specie “è venuta di fatto a mancare, da ciò derivando un palese difetto di istruttoria sui presupposti rilevanti per l’esercizio del potere, che si esprime non a caso in una motivazione altrettanto deficitaria e insufficiente”. Dunque, “non consta che sia stata condotta dall’amministrazione regionale alcuna valutazione specifica della compatibilità con i valori naturalistici e ambientali dell’attività estrattiva svolta dalla società ricorrente nella cava in oggetto”,
Dal vigente quadro normativo emerge che, seppur il legislatore ha inteso attribuire all’interesse ambientale un rilievo preponderante, rispetto agli interessi economici con esso concorrenti, è necessario che l’eventuale conflitto degli interessi in gioco vada verificato di volta in volta – attraverso il procedimento di incidenza – risultando diversamente ingiustificata qualsiasi preclusione allo svolgimento di attività economiche in tali zone, non adeguatamente supportata dall’accertamento del suo concreto impatto negativo sugli interessi ambientali tutelati.
Gli avvocati Giuseppe Ribaudo e Francesco Carità “si ritengono soddisfatti del risultato ottenuto per aver garantito alla ditta ricorrente di continuare la propria attività economica ed annullando il piano cave che, non tenendo in alcun modo conto dell’interesse privato e senza alcuna valutazione in ordine all’incidenza negativa della stessa, intendeva interrompere la suddetta con gravissimi pregiudizi economici per l’imprenditore e per i lavoratori”.
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