Da dicembre sapevano che ci sarebbe stata una “retatona“. Tanto che in molti avevano accumulato milioni di euro soprattutto con il gioco on line e stavano preparando il passaporto per fuggire all’estero.

I boss potevano contare su informatori pronti a spifferare notizie riservate su imminenti blitz e sulla presenza di microspie. I nomi degli insospettabili che avrebbero dato una mano ai boss non figurano nell’elenco dei 181 fermati ma su questo fronte sono in corso indagini per sviluppare quanto emerso dalle intercettazioni.

L’incontro con l’avvocato

C’è il caso di un incontro del 27 maggio del 2023 in cui Giovanni Salvatore Cusimano di Partanna Mondello riceve da un avvocato (che gli aveva chiesto il giorno prima di incontrarlo “anche per cinque minuti”) la notizia di essere indagato dai carabinieri (“mi tengono sotto”) e che a bordo della macchina erano installate le microspie.

Ma c’è di più. Sono diverse le conversazioni in cui si parla di operazioni. Uno degli indagati, Antonino Gagliardo, tramite fra il mandamento di Bagheria e quello di Brancaccio, il 7 novembre 2023 informò un altro mafioso di aver appreso di tre imminenti operazioni di polizia (“tre zampate, tre camurrie”) previste per “fine anno”, circostanza per cui si era già provveduto a fare “sparire” alcune cose, mentre taluni affiliati di Brancaccio (“quelli più pesanti”) si erano già «buttati latitanti». Anche il 12 gennaio del 2024 si è assistito all’ennesima rivelazione da parte di Gagliardo di informazioni riservate sugli arresti da compiere a un capomafia messo al corrente di imminenti operazioni di polizia. «Giochi di fuoco, dal ventuno al ventitré», dicono i mafiosi intercettati. “Poi un’altra cosa dice che dal ventuno al ventitré c’è … ci sono i giochi di fuoco, però questa, ‘sta notizia, arriva dal Villaggio di Santa Rosalia”.

La bomba che sta per scoppiare

L’ultima rivelazione è del 4 settembre scorso quando Paolo Lo Iacono racconta a un suo interlocutore che Francesco Stagno non poteva più occuparsi di una certa vicenda, in quanto aveva questioni ben più importati da affrontare, essendo imminente l’esecuzione di un imponente provvedimento cautelare (una “bomba”) che avrebbe riguardato sia lui che numerosi altri affiliati. “Per adesso c’è una bomba che sta scoppiando! Può essere oggi, può essere domani, può essere dopodomani… si portano a tutti, hai capito? Per adesso ci sono cose molto più importanti, perché qua si discute di carcere! Andare a prendere vent’anni! Chi siamo, chi sono? Boh. non lo sappiamo, capito? Già siamo tutti pronti, capito? Hanno duecentottanta fotografie”.

La fuga verso la Germania

In effetti, il 10 settembre 2024, Stagno si preparava per fuggire in Germania e, di conseguenza, cercava di organizzare la sua successione per la gestione delle scommesse, probabilmente da affidare al proprio suocero: “Ora il fatto del gioco… forse me ne devo andare qualche due mesi, tre mesi in Germania… a mio suocero… ci riflettiamo insieme per fargli capire come funziona… in mancanza deve sapere tutte cose”. Anche il 19 settembre del 2024, nel corso di una riunione di mafia in cui, tra gli altri, era presente Domenico Serio, Stagno evidenzia ai suoi interlocutori di non potere assumere alcun impegno a lungo temine in quanto era certo che, entro il successivo dicembre, sarebbe stato arrestato. Nel medesimo contesto di Tommaso Natale, anche nei giorni successivi giungevano notizie simili. E il 5 ottobre 2024, Paolo Lo Iacono apprende dal figlio Mirko, in quel momento detenuto a Trapani, che una guardia carceraria lo aveva informato di un imminente blitz a Palermo. Poi, il 20 novembre, lo stesso Lo Iacono informa alcuni complici che, in seguito a indagini durate due anni, a breve, entro dicembre, sarebbero state eseguite due distinte operazioni di polizia che avrebbero comportato il suo stesso arresto e di altri soggetti dello Zen.

I telefoni criptati

Parlavano in codice convinti di essere al sicuro ma nemmeno i telefonini criptati li hanno protetti. Gli investigatori non hanno «bucato» il sistema di comunicazione segreto utilizzato dai vertici del mandamento mafioso di Porta Nuova ma hanno intercettato le conversazioni in chiaro riuscendo a ricostruire i contatti che si appoggiavano alla rete della compagnia telefonica spagnola Movistar. Ed è proprio in questo modo che è stato beccato il covo del boss latitante Giuseppe Auteri in via Giuseppe Recupero, nei pressi di via Oreto.

Il primo passo è stato quello di monitorare le celle telefoniche agganciate a Palermo dove risultavano attive numerose sim iberiche. Una presenza massiccia che ha insospettito gli inquirenti, i quali hanno deciso di analizzare i dati più a fondo. Da qui, nonostante le precauzioni adottate dall’organizzazione criminale, hanno cominciato ad ascoltare le chiamate e a leggere i messaggi di Roberta Presti, moglie del mafioso detenuto Francesco Arcuri, esponente di spicco di Porta Nuova e amico di Auteri, che avrebbe svolto un ruolo cruciale nel mantenere i collegamenti tra il fuggiasco e il resto del clan. Presti utilizzava due telefoni, uno per le telefonate normali e un altro criptato per parlare con Auteri: dall’analisi dei tabulati è spuntato che il sofisticato apparecchio elettronico si connetteva regolarmente con la stessa zona. Seguendo i movimenti di questi dispositivi è arrivata la localizzazione dell’appartamento facendo così scattare la cattura.

L’uso dei criptotelefoni aveva garantito per anni un canale sicuro tra i mandamenti: grazie a questi dispositivi i nuovi vertici di Cosa nostra erano riuscitati a impartire gli ordini senza la necessità di incontri in presenza sopperendo perfino alla mancanza della commissione provinciale. E i motivi li spiegava a febbraio dell’anno scorso il detenuto Francesco Pedalino, organico a Santa Maria di Gesù, nel corso di un colloquio in cui non sapeva di essere intercettato: «Non c’è più du cuosu ri trent’anni fa… se l’hannu fattu tre volte e tre volte al nascere della cosa hanno arrestato a tutti… trent’anni fa si faceva e non si sapeva niente … si faceva… ora invece sappiamo tutte cose», riferendosi appunto agli impenetrabili cellulari di ultima generazione.

Le intercettazioni tra mafia e ‘ndrangheta

Altri particolari su quanto fosse ormai indispensabile scambiarsi direttive velocemente e al riparo da orecchie indiscrete emerge anche da un’altra conversazione intercettata tra Nunzio Serio, reggente del mandamento di Tommaso Natale-San Lorenzo, e il suo fidato Francesco Stagno. I due parlavano di affari con Emanuele Cosentino, un calabrese legato al traffico di droga in vista dell’arrivo di un carico al porto di Gioia Tauro.

Nel corso del dialogo i due si erano accorti di un’anomalia nei loro telefoni criptati. “Tu sei uscito qua pure mi… mi ha oscurato a me”. Stagno rispondeva perplesso: “Ma io … ti ho oscurato?”. L’altro confermava: “Ti giuro, guarda… gli utenti hanno lasciato la chat … ma che m….a dici”. Un problema tecnico che li aveva spinti a resettare i dispositivi e a configurarne di nuovi. Ma nel cercare di ripristinare il servizio e di memorizzare i contatti, Serio e Stagno avevano inconsapevolmente svelato i nomi dei loro compari: in parte sono ancora sconosciuti mentre la maggior parte è stata individuata nel gotha mafioso dei mandamenti di Tommaso Natale-San Lorenzo, di Santa Maria di Gesù e di Porta Nuova nonché in altri associati, tutti indagati nell’operazione dei carabinieri.