“Come scoprire un cimitero di mafia a San Giuseppe Jato e portarselo a casa”. Basterebbe già il titolo per spiegare l’essenza del libro che Giovanni Guadagna pubblica su Amazon; “cosi, come una storia lanciata in un social”, dice l’autore.

Ma in realtà è quello che è realmente successo in una delle montagne che sovrasta il comprensorio di San Giuseppe Jato. Una storia che riservò più di un colpo di scena e il susseguirsi di eventi surreali, quasi fantozziani, per “colpa” di quell’amore per la Natura e la protezione degli animali che Guadagna ha sempre avuto. Quattro scheletri, trovati a due passi da dove i collaboratori rivelarono l’uccisione del boss Saro Riccobono e di altri che lo accompagnavano.

Un luogo di latitanza, tra cui quella di Totò Riina e della sua famiglia. Giovanni Guadagna, però, era lì con macchina fotografia e una guida al riconoscimento dell’avifauna europea finché si imbatté, senza poterlo immaginare, in una “necropoli dei Corleonesi”. Così titolarono i giornali di allora.  Gli stessi carabinieri, che accolsero la denuncia, dovettero precisare che dietro quel ritrovamento non vi era alcun collaboratore di giustizia: il “mistero” rimase tale.

Il libro è anche una “dichiarazione d’amore” per Palermo, come nella prefazione sottolinea il criminologo Ciro Troiano, ma anche per la stessa San Giuseppe Jato e le sue montagne che «tanto mi hanno dato», dice sempre Guadagna. Poi la mafia e la scena toccante nella chiesa di Santa Luisa de Marillac: “La sensazione era di vederlo ancora indifeso” dentro quella bara chiusa.

La bara era quella del giudice Borsellino che l’autore, trascinato da una folla stordita e incredula, si trovò innanzi. Una mafia che si è tentato di ricostruire seguendo le letture che partono fin dalla vecchia aristocrazia, passando nel periodo dei Mille, fino all’ascesa della borghesia vincente.  Un libro che si legge tutto di un fiato per scoprire, poi, che la mafia è molto più vicina a noi, proprio in quella Palermo che Guadagna descrive scegliendo storie familiari e di vita di chi ha avuto accanto, fin da piccolo, anche in maniera indesiderata ma che poi, forse, hanno contribuito alla scoperta di quegli scheletri. Un “mistero” che, in realtà, non era tale, come la mafia.