Senza scomodare Bergson o Pirandello, che al riguardo hanno scritto fior di trattati, l’umorismo può essere considerato “l’aristocrazia del riso e della risata”. Alla maniera di Nino Martinez, che così lo definisce nel suo ultimo libro “Così, per gioco”, un gustoso pamphlet di gradevolissima lettura edito da Spazio Cultura.

Nino Martinez, d’altronde, di umorismo se ne intende: professionista della carta stampata per quarant’anni al Giornale di Sicilia, per il più diffuso quotidiano dell’isola ha curato più di una apprezzata rubrica che regalava buon umore: “Specchi concavi” tra gli anni ’60 e’70 e “Ridiamoci su” tra gli anni ’80 e ’90.

Il suo “Così, per gioco” ha un sottotitolo accattivante ma anche eloquente: “Un libro miracoloso per guarire dalla serietà”. Il libriccino di Martinez (123 pagine, 10 euro) ha una pretesa, modesta e ambiziosa: donare a chi lo legge momenti di divertimento e perorare la causa dell’umorismo. Che è quella di promuovere una visione della vita e della realtà, privata e pubblica, distaccata e serena, che ci consenta di reagire ai contrattempi e alle avversità con filosofia.

“Così, per gioco” è un libro personalissimo, un cocktail con tantissimi ingredienti, dal gusto dolce e amaro: dolce perché intrattiene piacevolmente, amaro per quegli aspetti del nostro contesto sociale che affronta. In particolare, la cattiva politica e una città alle prese con tanti problemi irrisolti, Palermo, in cui Martinez è nato e vive e che ama ma, proprio per questo, preda dei suoi appunti motivati dall’intento di renderla migliore.

Sebbene Martinez si muova nell’alveo della nobilissima (e decaduta) tradizione letteraria della scuola di Achille Campanile, in questa sua ultima fatica, pur facendola rivivere (ultimo superstite di una corrente che aveva, oltre in Campanile, in Zavattini e Guareschi gli esponenti più talentuosi) se ne distacca.

Da un canto, infatti, in “Così, per gioco” si ritrovano i connotati tipici di quella scuola, e cioè giochi di parole, calembours, battute fulminanti e paradossali, dall’altro è presente, e in modo significativo, un tratto assente in Campanile e company: la satira.

Quella del Martinez di “Così per gioco” è una satira a trecentosessanta gradi che investe in primo luogo i politici e i cattivi amministratori, senza risparmiare le cattive abitudini di cui tutti siamo prigionieri.
Quanto ai politici bersagli degli strali di Martinez, come nella buona satira, è garantito un equo trattamento: tutti, sia quelli per ora in panchina (ma in Italia i politici tornano sempre in campo, non si ritirano mai dalla scena), sia quelli oggi in primo piano, non sono risparmiati; né vi è distinzione per colore di casacca.

La satira di Martinez è mordace: brucia, graffia, lascia il segno. Senza concedere sconti. Tranne uno: quello dell’eleganza. Si può ferire, e le cicatrici saranno ancora più dolorose, col fioretto. Che, tra le armi, è un’arma dell’aristocrazia. Già, l’aristocrazia. L’aristocrazia del riso: l’umorismo.