l'intervista

Estorsione, parla il poliziotto monrealese condannato: “E’ un calvario, presenterò esposto alla Procura”

Il Tribunale di Palermo ha condannato a sei anni Guido Ferrante, l’agente della polizia che nel 2013 finì agli arresti domiciliari con l’accusa di favoreggiamento aggravato e omessa denuncia di reato perché avrebbe consigliato a un pasticcere di pagare il pizzo alla mafia e di non denunciare la vicenda coprendo presunti esponenti della cosca di corso Calatafimi. Il commerciante era andato dalla polizia, nel 2010, raccontando che aveva trovato l’attack nei lucchetti. Poi gli era stato incendiato il gazebo. Per capire chi fosse stato si era rivolto a un conoscente che gli suggerì di non fare più caffè espressi perché la cosa irritava il titolare di un bar concorrente e di pagare la “quota”. Al diniego del pasticcere, l’estorsore minacciò altri danneggiamenti. La vittima parlò dell’episodio con l’amico poliziotto che gli consigliò di cedere perché sapeva che in quella zona pagavano tutti. “Vedi con chi devi parlare – diceva Ferrante, in un’intercettazione raccolta dalla polizia -, perché io… Purtroppo sai quale sono le cose della vita? Con questa gente attualmente uno ha solo da perdere. Hai capito?”. Ferrante disse al commerciante di “farsi la strada” perché nella zona “non si sta salvando nemmeno Gesù Cristo”. L’accusa è stata sostenuta dal sostituto procuratore Amelia Luise.

“Bisogna andare avanti, non bisogna arrendersi”. Il giorno dopo la sentenza di condanna a 6 anni, il poliziotto monrealese Guido Ferrante è ancora incredulo.
Assieme all’avvocato Luca Benedetto Inzerillo si aspettavano un giudizio di assoluzione piena da parte del Tribunale di Palermo, presieduto da Bruno Fasciana.
Raggiunto al telefono, Ferrante non riesce ancora a spiegarsi sulla base di quali prove il collegio giudicante abbia potuto infliggergli una pena così elevata (le cui motivazioni verranno pubblicate entro 90 giorni) per favoreggiamento aggravato e omessa denuncia di reato.

“Non riusciamo a capire le reali motivazioni della condanna.
Mi sarei potuto aspettare al massimo una condanna per omessa denuncia, a 2 anni, perché non avrei spinto il pasticciere Albicocco a sporgere denuncia, ed avrei favorito un estortore. Ma in realtà viene a mancare il presupposto del reato”.
Ferrante si spiega meglio: “La condanna a 6 anni deriva dall’avere favorito una persona specifica, Zizo Giuseppe, per estorsione nei confronti del pasticciere Albicocco, quando l’estorsione ad Albicocco è stata commessa invece da altre due persone, Manzella e Mignosi, che hanno scontato 5 anni e che non hanno a che fare con la criminalità organizzata. Quindi avrei favorito una persona, tale Zizo Giuseppe, completamente estranea ai fatti, un fantasma”.

Mi si può incolpare solamente di una leggerezza. Non avrei potuto comunque commettere il reato di omessa denuncia perché il mio colloquio con Albicocco è avvenuto l’1 marzo 2010, 8 giorni dopo che lui aveva già presentato la denuncia per estorsione, il 22 febbraio.

“Il risultato atteso era nettamente diverso – continua Ferrante – anche alla luce di una serie di assoluzioni che mi hanno visto protagonista in questi anni, e che hanno fatto cascare il castello accusatorio costruito su di me”.
Il 13 maggio 2013 l’agente era stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento aggravato alla mafia e omessa denuncia di reato per i fatti che risalgono al 2010. Dopo 20 giorni il Tribunale del Riesame aveva annullato gli arresti domiciliari, non ritenendo che vi fossero gli estremi per la custodia cautelare. “Ma il mio calvario continua”. Il PM presenta ricorso in Cassazione che, a febbraio 2014, ribalta la decisione del Tribunale del Riesame. “In realtà non ci eravamo potuti presentare al giudizio per un vizio di forma”, spiega Ferrante.

“Successivamente arriva il sequestro di tutti i miei beni e la proposta della misura di prevenzione, perché ritenuto socialmente pericoloso in quanto vicino ad ambienti mafiosi. Mi sottopongo ad una serie di udienze, fin quando a novembre 2017 il Tribunale delle Misure di prevenzione rigetta sia la proposta di misura personale che di confisca, con sentenza irrevocabile, a totale dimostrazione che non è stato riscontrato un mio comportamento mafioso”. Ma non è finita. “Sono stato sottoposto ad un processo per una estorsione e sono stato assolto. Ho avuto anche un’assoluzione per lesioni aggravate e un’altra assoluzione per furto di auto”.

Ma, tornando alla condanna di ieri, l’agente del Reparto Mobile della Polizia di Stato non capisce come il giudice non abbia creduto alla sua difesa, dando credito invece alle dichiarazioni del pasticciere Albicocco. “Presenteremo un esposto alla Procura della Repubblica affinché valuti se Albicocco ha reso o meno falsa testimonianza”.

L’agente è al momento sospeso dalle sue funzioni. Per l’8 novembre è atteso il suo reintegro all’interno del corpo della Polizia di Stato.

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