“Il Giudice T”, il film di Pasquale Scimeca per onorare la memoria del Giudice Cesare Terranova e del maresciallo Lenin Mancuso rischia di restare una meravigliosa opera incompiuta. Perchè mancano i soldi per completare la produzione. E’ il paradosso dell’Antimafia. Un film su Totò Riina? Si aprono i cordoni della borsa. Un film su Messina Denaro? C’è la fila di registi e sceneggiatori per accaparrarsi la primogenitura di un corto, un doc, un film qualsiasi sulla storia di Diabolik. Per raccontare il male della mafia sembra ci siano a disposizione tutti i soldi del mondo. Senza limiti. Capita, poi, che un regista coraggioso ed eretico come Pasquale Scimeca scommetta la sua carriera professionale per tratteggiare il ritratto di Cesare Terranova e Lenin Mancuso. A parole, ricordati come due pilastri dell’Antimafia. E lo sono. Nei fatti, poi, portare a termine un progetto culturale che li consegni alla memoria della settima arte, diventa la più impossibile delle missioni. Perchè di soldi non se ne trovano. Così, nel giorno in cui si ricorda la morte per mano mafiosa di Terranova e Mancuso, arriva una lettera appello che ci ricorda, ancora una volta, da quanta ipocrisia siamo circondati. Quella lettera è firmata dai nipoti del giudice Cesare Terranova, dai figli del maresciallo Lenin Mancuso,  dal figlio del giudice Pietro Scaglione, dalla sorella del vice questore Ninni Cassarà, dalla sorella del poliziotto Agostino Catalano e dalla mamma del piccolo Claudio Domino.

Non ci sono vittime di serie A e serie B

“Non ci sono vittime di mafia di serie A e vittime di serie B. Tutti meritano lo stesso rispetto e vanno raccontati affinché i nostri cari, che hanno dato la vita per lo Stato, possano diventare un modello di comportamento per le nuove generazioni” , sono le parole di Carmine Mancuso. Conoscendolo, questa volta Mancuso ha usato il fioretto. Ma è abbastanza evidente che gli ribolle il sangue. Parole come pietre anche da Francesca Terranova, la nipote del giudice: “I film e le Serie tv che hanno come protagonisti i mafiosi e i camorristi, loro malgrado, contribuiscono a creare nei giovani falsi miti che
li portano ad ammirarne e talvolta a imitarne gesta e comportamenti. Occorre tornare, come fa Pasquale Scimeca con questo film, al cinema di impegno civile”.

L’appello per salvare il film di Scimeca è rivolto alle Istituzioni politiche e a quelle culturali. Nel giro di poche ore, è stato firmato da migliaia di persone, studenti, professori, sindaci, autorità, rappresentanti della politica e delle istituzioni, semplici cittadini che hanno a cuore la lotta alla mafia.

Il testo della lettera appello

Ecco il testo della lettera: “I nostri cari sono stati fedeli servitori dello Stato che hanno combattuto la mafia e per questo sono stati barbaramente assassinati. Spesso, nei momenti di sconforto, ci chiediamo se la loro morte è servita a qualcosa o se il loro sacrificio è stato vano. C’è un solo modo per saperlo, e riguarda la loro memoria, il loro esempio, la loro vita. Se diventeranno patrimonio nelle coscienze delle nuove generazioni, allora vorrà dire che la mafia, uccidendoli, non ha vinto, ma ha perso. Troppi film e serie tv, hanno come protagonisti boss mafiosi e camorristi, contribuendo così a creare tra i giovani e gli adolescenti, falsi miti da seguire e in cui immedesimarsi. Come diceva spesso Paolo Borsellino, non basta l’azione repressiva della magistratura e delle forze dell’ordine per sconfiggere la mafia, ma è necessaria una presa di coscienza civile e una forte azione culturale.
Da questo punto di vista, il cinema può avere un ruolo importante a condizione che sia in grado di ribaltare la narrazione sulla mafia, mettendo al centro del proprio interesse chi la mafia l’ha combattuta, con forza e determinazione, per far sì che i giovani possano identificarsi in loro, nella
loro moralità e onestà, nel loro eroismo. Il regista Pasquale Scimeca, che in assoluta indipendenza e in solitudine, da anni persegue questo
scopo, e con il suo film “Placido Rizzotto” ha dato un contributo significativo alla formazione di una coscienza antimafia tra le nuove generazioni, sta cercando, tra infinite difficoltà, di portare a termine un film sul giudice Cesare Terranova e il maresciallo di polizia Lenin Mancuso, per questo
crediamo che il suo lavoro vada aiutato e supportato. Tutte le vittime della mafia meritano lo stesso rispetto. Tutte meritano di essere ricordate e
raccontate, per questo ci rivolgiamo alle Istituzioni dello Stato, quelle politiche e quelle culturali, affinché si attivino per mantenere vivo il ricordo dei nostri cari e trasmettere alle nuove generazioni i valori per cui hanno sacrificato la vita”.