Da una parte il maggior incremento di sempre dell’occupazione nell’ultimo periodo certificati da Istat, dall’altro la classifica Eurostat che invece assegna all’Isola il ruolo di fanalino di coda proprio per occupazione. In realtà si tratta del “podio di coda” essendo terzultima in questa graduatoria. E’ guerra di interpretazione dei dati, più che di cifre vere e proprie, fra le agenzia di valutazione delle performance in Italia e in Europa.

Lettura dei dati e incredibili differenze

Su una cosa Istat ed Eurostat sono d’accordo: la Sicilia ha superato il 50% di occupati. per Istat si tocca il 50,1% ma per Eurostat addirittura il 50,7%. L’ultima per occupazione sarebbe la Calabria con il 48,5% di occupati, penultima la Campania con il 49,4%.

La differenza nelle valutazioni sta nel raffronto. Ista paragona alla crescita media e alla media Paese e rileva che, pur restando bassa l’occupazione, si tocca il massimo storico di un sud eternamente depresso e segnala una tendenza di crescita. Eurostat analizza 240 regioni e non solo le 20 regioni italiane e guarda alla media europea che è del 75,8% di occupati e punta al 78% entro il 2030 e, dunque, in questo trend, il mezzogiorno d’Italia tira i dati verso il basso.

Due approcci, due verità statistiche ma un grande rischio di confusione e di fornire materiale di scontro alle fazioni politiche, sociali e così via

La conferma di un cortocircuito

“Questi dati sono la conferma di un cortocircuito nel sistema lavoro dell’isola, di un nodo strutturale che non consentirà di invertire la rotta se non si interviene con una svolta radicale” dice il segretario generale della Cisl Sicilia, Leonardo La Piana, che mette in evidenza le criticità di questo momento congiunturale, economico e sociale nell’isola.

“Siamo in una fase di grande disponibilità di risorse economiche, in virtù del Pnrr e dei Fondi europei – aggiunge la Piana – eppure non si riesce a mettere in campo tutti gli investimenti possibili. Uno dei grandi fattori di rallentamento è la carenza di competenze, che ha un effetto immediato nella difficoltà di progettare misure e interventi da un lato e dall’altro nella mancata risposta alle esigenze del sistema produttivo”.

Investimenti che rischiano di restare al palo

Per la Cisl Sicilia il primo nodo strutturale da sciogliere è quello del disallineamento fra formazione e mondo del lavoro. “Sono due realtà ancora scollegate nell’isola – sottolinea La Piana – dove si formano professionalità spesso in esubero rispetto alla reale domanda, mentre mancano le competenze richieste dalle imprese. Gli investimenti rischiano di restare al palo se non si crea una sinergia vera e non solo sulla carta, fra imprese e sistema della formazione”.

Le differenze retributive fra lavoratori nelle città

Altro nodo strutturale per la Cisl è quello delle retribuzioni, rispetto alle quali la Sicilia è indietro: secondo la Cgia di Mestre, infatti, la retribuzione media giornaliera in Sicilia è di 75,55 euro, contro i 104 euro del Nord. A livello annuo, i dati sono estremamente chiari: i lavoratori di Trapani guadagnano in media 14.854 euro lordi, mentre a Palermo ci si ferma a 17.911 euro, a Catania a 18.303 euro, e a Siracusa a 18.227 euro.

Lavoro povero

“A incidere sui tassi di occupazione in Sicilia – aggiunge La Piana – è anche la bassa o inadeguata retribuzione che costituisce un evidente disincentivo: se un lavoro è mal pagato, è difficile che si accetti di svolgerlo. Serve quindi un cambio di passo che si può e si deve compiere”. A settembre la Cisl nazionale ha pubblicato il report che ha evidenziato come attraverso la contrattazione collettiva nazionale si migliorino le retribuzioni dei lavoratori e si recuperi il potere d’acquisto con ovvie ricadute positive per tutta l’economia. “Questo modello va replicato nei territori, attraverso la contrattazione di secondo livello che va meglio collegata alla contrattazione sociale – continua il segretario generale della Cisl Sicilia – ma contestualmente va abbassato il costo del lavoro, mantenendo le buste paga agli stessi livelli. Per farlo occorre intervenire con politiche fiscali adeguate, a partire dal cuneo fiscale”. La Cisl Sicilia ribadisce la necessità di dare vita a un patto, “che serva per dare centralità e protagonismo al lavoro, soprattutto in realtà complesse come la Sicilia”.