E’ il giorno delle primarie del Pd, consultazioni che potrebbero teoricamente non essere il passaggio definitivo per eleggere il segretario. Lo Statuto del partito prevede infatti un “terzo tempo” nel caso in cui nessuno dei tre candidati dovesse riuscire ad avere la maggioranza assoluta dei voti ai gazebo. Una ipotesi però che non si è mai verificata nei tre precedenti congressi, quando il voto dei militanti è stato risolutivo.

Lo Statuto approvato all’epoca di Walter Veltroni, ha voluto tenere insieme sia la forma partito tradizionale, in cui a decidere sono gli iscritti, sia il modello aperto all’americana, dove la parola finale la pronunciano gli elettori. Il congresso, dunque, ha una prima fase riservata ai soli iscritti che selezionano i tre candidati che poi si misureranno alle primarie aperte a tutti i militanti. In questa prima fase, i candidati erano sei, e tra essi hanno passato la selezione Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti, che hanno ottenuto rispettivamente il 47,95%, il 36,53% e l’11,23% sui 189.023 tesserati che hanno votato (il 50,43% dei 374.786 iscritti). Ma anche partecipare alla prima fase non è così semplice, visto che occorre raccogliere 1.500 firme in almeno 5 Regioni, cosa che erano riusciti comunque a fare gli altri tre candidati: Francesco Boccia, Maria Saladino e Dario Corallo.

I tre candidati che hanno “passato il turno” hanno dovuto superare un altro ostacolo organizzativo: trovare ciascuno mille candidati per l’Assemblea nazionale. Alle primarie si vota per il segretario ma anche per eleggere i mille delegati dell’Assemblea nazionale, in 170 collegi in cui è divisa l’Italia. A ciascun candidato è collegato quindi in ogni collegio un listino bloccato di candidati all’Assemblea. Qualora ai gazebo nessuno dei tre sfidanti dovesse ottenere la maggioranza assoluta dei consensi, sarebbero dunque i 1.000 delegati dell’Assemblea nazionale ad eleggere il nuovo segretario.

E teoricamente il più votato dai militanti potrebbe poi non essere eletto segretario dai delegati dell’Assemblea. Tuttavia questa circostanza non si è mai verificata e il più votato nei circoli ha sempre avuto la maggioranza assoluta nei gazebo. E’ accaduto nel 2009, quando Pierluigi Bersani si impose su Dario Franceschini e Ignazio Marino; nel 2013 con Matteo Renzi che sconfisse Gianni Cuperlo e Giuseppe Civati; nel 2017 quando ancora Renzi superò Andrea Orlando e Michele Emiliano.

Intanto in Sicilia sarà sfida a 5 a Catania per eleggere il nuovo segretario provinciale del Pd. Sarà la città etnea il terreno di confronto delle area Dem. Scaduti i termini per la candidature nelle province al rinnovo la situazione è variegata. 3 sono quelli già eletti, due perchè i candidati sono unitari nella Sicilia centrale ed esattamente ad Agrigento e Caltanissetta, la terza a Palermo dove c’è solo un candidato.

Salta subito agli occhi l’assenza a Palermo di candidati di area Zingaretti e dunque del duo Lupo Cracolici in Sicilia.

Questa la situazione determinatasi

Palermo
Segretario provinciale Toni Costumati
Segretario cittadino Fabio Teresi

Trapani
Grignano (area Faraone)
Lombardino (area Zingaretti)

Agrigento
Candidatura unitaria di Giovanna Iacono sostenuta da Area Zingaretti, Area Faraone e area Raciti

Caltanissetta
Candidatura unitaria di Peppe Di Cristina sostenuta da Area Zingaretti, Area Faraone e area Raciti

Enna
Rosalinda Campanile (area Faraone)
Vittorio Di Gangi (area Crisafulli)

Siracusa
Salvatore Palermo (area Martina vicino a Cafeo)
Salvatore Adorno (Zingaretti vicino a Marziano)

A Catania la grande sfida nel territorio più complesso e frastagliato. In corsa Francesco Mascali (Sammartino);
Cosimo Marotta (Raia); Giuseppe Campisi (Villari); Laudani Francesco (Barbagallo); Vanin Elisabetta (espressione della Giuffrida)

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