Il 24 aprile ha avuto inizio il Ramadan, mese sacro per l’islam, che si concluderà il 23 maggio. Anche questo evento, che coinvolge miliardi di persone in tutto il mondo, deve fare i conti con l’epidemia da Coronavirus. La decisione più sofferta ma inevitabile è stata la chiusura delle moschee e l’utilizzo delle abitazioni per la preghiera.
Ma cose si vive il Ramadan a Palermo? Ne abbiamo parlato con Mustafà Boulaalam Imam della moschea di Piazza Gran Cancelliere.

“Certamente – esordisce – è una esperienza nuova e imprevista. Ma come tutti innanzitutto anche noi islamici ci siamo attenuti alle disposizioni governative e la prima cosa che abbiamo fatto è stata chiudere la moschea”.
Ed in effetti piazza Gran Cancelliere è particolarmente deserta in queste settimana. “Chiusa la scuola “Atria” di fronte la moschea, chiusa la moschea, c’è un silenzio irreale – commenta Mustafà – “.

Chiediamo allora come si sono organizzati per questo importante avvenimento. “Grazie ai mezzi di comunicazione e ad una piattaforma telematica io rivolgo ogni sera il tradizionale sermone che facevamo prima in moschea adesso da casa e questo viene ascoltato dalla famiglia riunita insieme”.

Ricordiamo che la preghiera in moschea avviene nella rigorosa divisione tra uomini e donne e i bambini non sono ammessi.

“Questa evenienza – aggiunge l’Imam – ha fatto sì che il mio sermone sia ascoltato da tutta la famiglia riunita, la quale subito dopo recita insieme le preghiere prescritte. È una grande innovazione che sta producendo anche benefici effetti nelle nostre famiglie”.

Il mese del Ramadan prevede il digiuno durante il giorno e la consumazione del pasto serale insieme ad altri. Ma il virus e le disposizioni del Governo non consentono più questo tipo di riunioni. E allora come si fa?

”Certamente – spiega Mustafà – la famiglia cena insieme ogni giorno al tramontare del sole. Ma non è più possibile riunirsi con altri quindi questo importante momento, come quello della preghiera di cui ho detto prima, avviene in famiglia”.

Altro momento importante è la conclusione del Ramadan che in genere avviane con una preghiera pubblica e collettiva. E quest’anno? Risponde ancora l’Imam di Palermo. “Quest’anno non sappiamo ancora. Certo se dobbiamo rispettare le misure di sicurezza imposte finora, cioè la distanza di un metro tra persona e persona, non basterà tutto il Foro Italico. Proprio per questo attendiamo le decisioni delle autorità competenti”.

La fine del Ramadan è poi accompagnato da una festa in cui le comunità invitano tutti i loro membri ed anche amici e conoscenti del luogo. Che ne sarà quest’anno?

“Finora ci siamo limitati – aggiunge Mustafà – alla preparazione delle materie prime per i cibi che speriamo di poter poi cucinare e consumare insieme. Ci auguriamo che per quella data piazza Gran Cancelliere possa tornare ad essere luogo di incontro e di amicizia come ogni anno”.

C’è l’errata convinzione che il Ramadan si riduca solo a momenti di digiuno e di pranzi consumati insieme. Ma l’Imam Mustafà precisa: “Il Ramadan è il miglior e più importante momento dell’anno per tutti i musulmani. È un’occasione privilegiata per operare un cambiamento nei rapporti, a partire da quelli familiari o amicali. È occasione per vivere una maggiore fratellanza, per dedicarsi maggiormente alla preghiera e al rapporto con Dio. Il digiuno non è fine a sé stesso, è uno strumento per aiutare di più e meglio ciascuno a concentrarsi durante il giorno al miglioramento della propria persona”.

Concludiamo la telefonata chiedendo che effetto gli fa vedere la moschea vuota e silenziosa. “Soprattutto all’inizio è stata una esperienza molto dura. Ogni venerdì, giorno sacro e dedicato alla preghiera, continuo ad andare per pregare. Faccio l’appello come sempre, ma poi sono solo e prego da solo, unito spiritualmente con tutti i fedeli”.

Quindi la moschea è vuota, chiediamo. “Non esattamente – precisa – perché vi abbiamo depositato le derrate alimentari che ci sono state date dal Banco Alimentare per i bisogni delle nostre famiglie. È stato un gesto che abbiamo molto apprezzato sia perché è venuto incontro ad un bisogno concreto di circa 500 persone sia perché, come ho detto ai responsabili quando siamo andati al deposito di Cinisi, nasce dalla comune esperienza religiosa. Ed oggi c’è bisogno anche di questa unità tra le religioni”.

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