Il quartiere Zen di Palermo si stringe attorno alla parrocchia di san Filippo Neri dopo il grave gesto intimidatorio che ha colpito la struttura religiosa. L’episodio ha suscitato l’immediata reazione dell’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, che ha condannato duramente l’accaduto definendolo un atto esecrabile. Secondo l’alto prelato, colpire una chiesa significa ferire nel profondo un’intera comunità, ma rappresenta al contempo il segnale di un disagio sociale verso il quale l’impegno della Chiesa e delle istituzioni deve rimanere fermo e costante, senza mai cedere il passo alla rassegnazione.
L’attacco giunge in un momento particolarmente significativo per la parrocchia, che proprio recentemente aveva ospitato gli Stati generali dell’infanzia e dell’adolescenza. Si è trattato di un’iniziativa volta a rilanciare l’attenzione sulle periferie e sulle sfide quotidiane dei loro abitanti, culminata in un momento di preghiera comune sul sagrato insieme all’arcivescovo di Monreale, monsignor Gualtiero Isacchi. In quell’occasione era stato lanciato un appello affinché le città possano essere liberate dalla violenza e dalle tragiche morti di giovani per mano di loro coetanei. Lorefice ha sottolineato come non si possa permettere che un atto così grave impedisca ai semi di speranza piantati in questi mesi di portare i propri frutti.
L’arcivescovo ha manifestato la sua piena solidarietà e vicinanza a padre Giovanni Giannalia, parroco della chiesa di san Filippo Neri, estendendo il suo pensiero alle diaconie pastorali e ai numerosi volontari che operano ogni giorno nel quartiere. Queste realtà rappresentano il presidio fondamentale per la costruzione di percorsi alternativi alla criminalità, basati sulla solidarietà e sul bene comune. Il sostegno espresso dal vertice della Chiesa palermitana vuole essere uno scudo per chi si trova in prima linea nelle zone più difficili della città.
Per incoraggiare la comunità parrocchiale a non lasciarsi intimidire, monsignor Lorefice ha infine citato un passaggio biblico tratto dal Deuteronomio, ricordando le parole rivolte da Mosè a Giosuè. L’invito a non temere e a non perdersi d’animo si inserisce in una visione di fede che vede il Signore camminare accanto a chi soffre, assicurando che nessuno verrà abbandonato nel momento della prova. Questo messaggio di forza e resistenza spirituale mira a rinvigorire il coraggio dei fedeli e degli operatori sociali, ribadendo che la presenza della Chiesa nel quartiere non arretrerà di un passo nonostante le minacce subite.






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